Che Renzi sia affetto dalla sindrome della “cinguettata compulsiva” è un fatto noto ormai persino ai sassi. E se in condizioni di ordinaria amministrazione il premier non riesce a tenere le dita lontane dalla tastiera virtuale del suo iphone per più di dieci minuti, è lapalissiano che in piena campagna elettorale il pollice gigliato s’infiammi letteralmente, trasformandosi in una specie di tweetterificio industriale in servizio permanente effettivo.
Ciò premesso, va da sé che una notizia clamorosa come quella del rientro in Italia di Salvatore Girone – il sergente di marina che per più di quattro lunghissimi anni è stato ostaggio, assieme al maresciallo Latorre, dell’arroganza indiana coadiuvata dall’inettitudine delle nostre istituzioni – non poteva che portare Renzi a mettere mano immediatamente allo smartphone. La sua è un’impellenza incontrollabile, una coartazione che s’innesca rapida e non dà il tempo di pensare né di ponderare alcunché. Nella testa del poveretto ogni pensiero sparisce per far largo a un’idea sola: “digito ergo sum”. E magari porto a casa qualche punto in percentuale nei sondaggi.
è esattamente questa la triste condizione mentale che ha spinto Renzi, un istante dopo la diffusione della notizia, a picchiettare sul tablet il suo “bentornato a Girone che sarà con noi alla parata del 2 giugno”. Troppo appetibile l’occasione di mettere il cappello sull’evento per valutare il rischio che quelle poche battute comportavano. Un’occasione talmente ghiotta da scatenare una sorta di epidemia fulminante da incontinenza social che ha contagiato immediatamente anche tutti gli altri papaveri del governo e della maggioranza. E così sono arrivate a ruota tutte le altre cinguettate di giubilo targate dem: “premiato impegno governo, sempre al lavoro per affermare ragioni dei nostri due fucilieri”, tweettava senza vergogna il ministro degli Esteri Gentiloni. “Siamo contenti. è una soddisfazione per tutti”, gli faceva eco la sua collega Pinotti, completando la frittata. Se solo quella maledetta sindrome acchiappavoti avesse dato a costoro la possibilità di contare fino a dieci, magari avrebbero avuto il tempo di ricordare che il governo di cui fanno parte – e che oggi tenta d’intestarsi l’esito positivo, ancorché parziale e vergognosamente tardivo, dell’impasse Italia-India – ha atteso la bellezza di un anno e mezzo per fare uno straccio di richiesta d’arbitrato internazionale che andava chiesto immediatamente. Forse sarebbero riusciti persino a rendersi conto che la sedicente sinistra di cui fanno parte, quella che oggi ostenta un peloso entusiasmo, è la stessa che, spesso e volentieri, manifestava fastidio per i due Marò e totale disinteresse per il loro destino. Soprattutto, se la bulimia da spottone elettorale non avesse impedito a questi signori di ragionare, il governo non si sarebbe esposto al terribile rischio che ha corso a causa dei loro avventati cinguettii.
Quale rischio? Beh molto semplice: avete presente com’è composta la tribuna d’onore della parata del 2 giugno alla quale Renzi aveva candidamente invitato i fucilieri a sfilare? Ebbene, i responsabili dell’umiliazione internazionale, che è valsa l’odissea subita dai nostri due Marò, ci sono tutti.
E stanno pure disposti per tutto il tempo comodamente in fila. Se qualcuno nella maggiornaza non se ne fosse accorto in tempo, revocando l’invito con risibili scuse di opportunità diplomatica, sarebbe stata un’occasione irripetibile da parte dei due fucilieri per centrarli uno per uno come meriterebbero. Senza fucile, per carità. Ma con una bella raffica di sputi che ci sarebbe stata tutta.
*Da Il Candido Quindicinale