Vedere Alfio Marchini che in una recente intervista la butta in Cacciari e parla di superare le categorie politiche tradizionali, lo confesso, mi ha messo un po’ di inquietudine. L’essere “al di là della destra e della sinistra” io l’avevo sempre accostato al volto irsuto e luciferino di Nicolino Bombacci, non al profilo abbronzato del capitano della nazionale di polo, già rampollo di pura schiatta demopluto e inguaribile amico degli amici. Lo stesso disagio mi aveva colpito vedendo tempo fa Diego Bianchi, in arte Zoro, cazzeggiare sornione con un responsabile di CasaPound e sbottare, al naturale rifiuto di quest’ultimo di essere incasellato nella categoria di destra, con un inascoltabile: “Ma come, ora pure i fascisti del terzo millennio parlano come Monti?”, con buona pace di Sternhell, della storia e della logica.
Mi pare, insomma, che sull’argomento si faccia un po’ di confusione. Perché di per sé andare “al di là della destra e della sinistra” non significa proprio nulla, dato che esistono modi molto differenti fra loro per farlo. Ne distingueremo almeno tre: il modo tecnocratico, il modo omeopatico e il modo sintetico.
La modalità tecnocratica è quella che oggi va per la maggiore e che unisce, in una incredibile convergenza sotterranea, Beppe Grillo e Mario Monti (il Marchini è più o meno un modello ibrido fra i due). Seconda questa versione, “destra” e “sinistra” sono due parole vuote in quanto categorie ideologiche che non arrivano al cuore dei problemi. I problemi, infatti, in questa visione delle cose sono neutri. Basta, quindi, risolverli, senza stare tanto a chiacchierare. La soluzione è una e una sola, a meno che, certo, non ci si vada a incastrare con la vacuità delle ideologie. Lo Stato è un rubinetto che perde e se chiamate l’idraulico volete che vi ripari il guasto, non che faccia della filosofia. Sia Grillo che Monti condividono alla perfezione questa visione delle cose, il cui esito inevitabile è ovviamente la tecnocrazia, ovvero l’esautoramento dei politici in favore dei tecnici (cioè dei banchieri e degli economisti, per l’uno, e dei blogger, credo, per l’altro). La destra e la sinistra sono invise ai fan di questa corrente di pensiero non per le loro carenze intrinseche, ma semplicemente in quanto categorie della politica. È la politica la bestia nera, destra e sinistra sono travolte di conseguenza. Questa versione è, in ultima istanza, antipolitica.
La modalità omeopatica è culturalmente più sofisticata e si riscontra soprattutto in certa destra post-rautiana. La associo alla nota pratica pseudomedica perché con essa condivide il principio base, quello della diluizione infinita nell’altro da sé. Secondo questa versione, la contaminazione di tutto con tutto è un valore di per sé. La sintesi tra tradizioni politiche opposte non diventa qui il necessario passaggio tipico di una ben precisa contingenza storica ma si fa verità eterna e metodo perenne, con il risultato che la sintesi non arriva mai e tutto diventa man mano incolore. Diluizione su diluizione, ogni paletto salta senza che se ne pongano di nuovi per segnare altri confini, semplicemente ci si ritrova in un campo aperto, senza bussola e senza mappa. Fascismo, antifascismo, laicismo, cattolicesimo, liberismo, socialismo, tutto si diluisce. Il risultato è che non esiste più nemico. Accade così che parti da Berto Ricci e finisci in Scelta Civica. Questa versione è, in ultima istanza, impolitica.
La modalità sintetica cerca invece di calarsi nella concretezza storica. In quest’ottica, destra e sinistra vengono considerate categorie storicamente determinate e come tali destinate a essere superate, sì, ma in direzione di nuove categorie e contrapposizioni. Le due versioni precedenti non concepiscono il conflitto: l’una in virtù del suo autoritarismo economicistico, l’altra per il suo inguaribile pensiero debole. Qui, invece, il conflitto è potentemente riaffermato, ma fra categorie nuove tutte da forgiare, in modo trasversale ai vecchi schemi. È così che alcuni elementi di destra e di sinistra vanno a confluire in un unico campo mentre altri, ugualmente originati nelle due categorie ottocentesche, vanno a convergere nel campo opposto. Quando Corridoni passa dal sindacato alla trincea, quando Sorel incontra l’Action Française, quando D’annunzio passa da destra a sinistra e Mussolini compie il percorso opposto, entrambi alla ricerca della vita, è questa alchimia che si genera. Qualcosa di simile, prima o poi, dovrà produrla anche la politica europea del terzo millennio. E quel giorno non assisteremo solo a uno strepito da social network o a una pallida misticanza intellettualistica.