Nell’enciclica Spe salvi (2007) il papa emerito Benedetto XVI pur non nominando direttamente l’Anticristo, lo chiama in causa attraverso una citazione di Immanuel Kant, in cui si afferma che: «Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore allora il pensiero dominante degli uomini douvrebbe diventare quello di un rifiuto e di un’opposizione contro di esso; e l’anticristo inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine (perversa) di tutte le cose».
Ci sentiamo di escludere che il papa, in quel frangente, abbia evocato l’Anticristo e la “fine dell’umanità” a caso, o rifacendosi a tesi millenaristiche, quanto piuttosto per evidenziare la situazione drammatica dei nostri tempi, che potrebbe condurre l’umanità a una sorta di autodistruzione, sia in senso morale che in senso materiale. Tesi non del tutto peregrina, visto e considerato il dilagare di filosofie nichiliste, i cui effetti si fanno sentire anche in ambito etico e sociale. Del resto, negli ultimi tempi, la Chiesa sembra guardare all’Anticristo non come ad una persona storicamente definita, piuttosto come ad un atteggiamento morale, quale è per esempio il relativismo.
Credo sia il caso di citare a tal proposito il Racconto dell’Anticristo dello scrittore e filosofo russo Vladimir Sergeevič Solov’ëv. In quell’opera l’Anticristo veniva eletto “Presidente degli Stati Uniti d’Europa”, inoltre, si qualificava come pacifista, ecologista, filantropo, convinto spiritualista, credente nel bene e perfino in Dio. E giungeva ad affermare: «Popoli della terra! Io vi ho promesso la pace e io ve l’ho data. Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace». In maniera non dissimile qualcuno ha detto che: «L’Anticristo affascina, soprattutto perché si ‘veste bene’. È l’Epifania di Satana, ma è all’interno della Chiesa; è Colui che riduce la Fede a una forma di umanitarismo…Non è Nietzsche quindi, ma è Tolstoij, in cui Dio è, solo, pura misericordia».
È interessante ricordare, in questo frangente, quanto affermato da Carl Schmitt circa il cosiddetto katéchon, concetto che il giurista tedesco desume dalla teologia di San Paolo, il quale presenta il katéchon come colui che si oppone all’avvento dell’Anticristo. Schmitt credeva fermamente nella reale esistenza del katéchon. Pensava, altresì, dovesse esserci stato un katéchon per ogni epoca a partire dalla nascita di Cristo, «altrimenti non ci saremmo stati più» affermava. In tal senso Schmitt richiama alcuni esempi di katéchon: come l’Imperatore del Medioevo cristiano e la Chiesa di Roma. Tale fu anche la concezione di esimi Padri della Chiesa, di Tertulliano e sant’Agostino, i quali videro questo “potere che frena” nell’Impero romano, e di san Tommaso che lo identificò con la Chiesa Cattolica Romana, istituzione che secondo la visione dell’Aquinate aveva raccolto l’eredità di Roma unendo imperium e sacerdotium. Proprio durante il papato di Benedetto XVI – per chi ricorda – durante un’intervista del giornalista Maurizio Blondet a Massimo Cacciari, il filosofo veneziano – non sappiamo se in preda ad un impeto neo-gnostico o forse ad un ben peggiore delirio nichilista – affermò che il papa avrebbe dovuto smetterla di fare il katéchon. Fatto sta che così è stato, non di certo per de-merito di Cacciari, ovviamente.
È pur vero che senza una fede in qualcosa, o in qualcuno, che trascenda ciò che è soltanto umano, non è possibile indirizzarsi verso il vero Bene, le stesse società crollano, c’è solo la tirannia dei bassi istinti a farla da padrone, la storia, soprattutto recente, e la cronaca, sono lì a dimostrarlo: si pensi solo ai tanti efferati omicidi di questi anni che hanno come sfondo nient’altro che un diabolico cupio dissolvi, all’impressionante numero di aborti praticati annualmente nei paesi occidentali, e alle manipolazioni della scienza sulla vita dei nascituri. Preoccupa anche, per la verità, lo stato di catalessi in cui versano i molti imbambolati dai vari pifferi e pifferai magici del sistema che, come se la devastazione morale della nostra società non fosse ormai totale, continuano a mettere al mondo figli per abitudine o per sfizio, incuranti del fatto che non saranno certamente in grado di fornirgli un’educazione adeguata ed una vita dignitosa e sensata, magari affidandosi alla sorte e sperando nel tanto fantasticato futuro.
C’è da dire, in ultimo, che solo una società che non riconosce più il Sacro e la sua basilare importanza rispetto a tutti gli altri ambiti dell’esistenza umana può sollevare obiezioni così risibili e banali come quelle addotte dai cosiddetti laici e ridurre il Bene ed il Fine dell’uomo a qualcosa di raggiungibile attraverso utopie politiche o miti economici propagandanti benessere e progresso, non facendo altro invero che spalancare le porte al regno del capitalismo assoluto, laddove tutto è merce e nulla ha senso.