6 marzo 1875. Fernando Agnoletti nasce a Firenze.
Poeta, scrittore e giornalista. Nella sua città fu uno dei letterati impegnati nel dibattito culturale e politico.
Nel 1897, tutto preso dai miti risorgimentali nei quali era cresciuto, partì volontario per la grande avventura garibaldina partecipando alla Guerra greco-turca con il Corpo di spedizione impegnato nella difesa dell’autonomia di Creta, al comando del figlio di Giuseppe Garibaldi, Ricciotti.
Tornato a Firenze, si laureò in Lettere e partì subito dopo per la Scozia dove fu lettore di italiano nell’Università di Glasgow dove colse anche l’occasione per fondare la sezione locale della Società Dante Alighieri e la rivista bilingue “Riscossa latina”.
Dopo l’esperienza scozzese, tornato in patria, non si lasciò sfuggire il fecondo clima intellettuale fiorentino, divenendo collaboratore di “Lacerba” e della “Voce”. Fu interventista e conseguentemente volontario nella Prima guerra mondiale durante la quale riuscì a pubblicare un libro di memorie, “Dal giardino all’Isonzo”.
Tornato nell’ambiente culturale fiorentino, nel clima artistico del Futurismo animò e diresse alcune pubblicazioni: “Noi” e “L’Aratro”.
Il 9 e 10 ottobre 1919, Agnoletti fu tra i congressisti fascisti che si ritrovarono al Teatro Olimpia – prima si chiamava Leopoldo e poi si chiamò Nazionale – dove finirono dopo il rifiuto di ospitarli da parte dei prestigiosi teatri della Pergola, Niccolini e Verdi, per il Primo Congresso Nazionale dei Fasci di Combattimento.
Ricorderà in seguito uno di loro, lo squadrista Bruno Frullini: “Ricordo che il Duce di ritorno da Fiume, giunse tra noi al mattino alle 10 per assistere alla prima seduta. Barba incolta, un berrettino da ciclista che portava i segni dello squallore, parecchie macchie untuose sull’abito, il segno della stanchezza, ma pur quello di una volontà indomita”.
Un Mussolini che nel suo discorso in quella occasione, di ritorno dall’incontro con Gabriele D’Annunzio a Fiume e conscio di parlare anche ad una fitta presenza di futuristi, tra i quali, oltre a Filippo Tommaso Marinetti, Settimelli, Rosai….., c’era anche Agnoletti, riuscì a conquistare l’uditorio che lo applaudì a lungo quando – narreranno i presenti -: “attacca il mito della serietà in politica e quando invoca l’allegria e la velocità”. Spunto preso al volo da Marinetti che intervenne subito dopo auspicando lo “svaticanamento” del Paese.
Nel maggio del 1921, all’appuntamento delle elezioni politiche, Agnoletti fu in lista a Firenze per il Blocco Nazionale, in rappresentanza dei combattenti fascisti.
E’ noto che i fascisti fiorentini furono tra i più irrequieti e insofferenti a seguire le direttive del Partito. E’ meno noto, ma voce comune a Firenze, che lo stesso Mussolini, venisse mal volentieri in città, poco disposto ad affrontare il particolare “clima” locale.
Doveva ricordarsi bene la volta che se la vide brutta al Caffé Paszkowskij – era il 10 ottobre 1919 – quando volarono bicchieri, tavolini e cazzotti per la sua presenza.
E’ un fatto che il Fascio fiorentino fu più volte censurato (e sciolto). Nel gennaio 1921 Agnoletti fu tra gli squadristi che (per breve tempo, in verità) uscirono dal partito avendo come portavoce il giornale “Sassaiola Fiorentina”(chiaro programma!), in polemica aperta contro il Fascio ufficiale cittadino.
Ma soprattutto Agnoletti visse appieno l’esperienza del “Selvaggio”, la rivista che raccolse artisti e letterati da Ardengo Soffici a Mino Maccari, da Ottone Rosai a Berto Ricci (ma anche Bilenchi, Ungaretti, Palazzeschi, Malaparte, Flaiano, Bargellini, ecc. ecc.) che nel 1926 calò in città in via de’ Servi, dalla natia Colle Val d’Elsa, finendo curata dall’editore Vallecchi.
Alla bella sfilata di nomi noti è bene però ricordare di associare anche il solito ambiente fiorentino sempre pronto alla polemica, a maggior ragione quando i caffé dei contendenti erano dirimpettai nella stessa piazza (oggi piazza della Repubblica): il Caffé Paszkowskij e il Caffé delle Giubbe Rosse, il primo, frequentato da Agnoletti, di fatto a volte diventava una specie di seconda redazione del “Selvaggio”; locale che fu anche la sede del “secondo futurismo”, con Achille Lega e gli altri pittori, e prima era stato il Caffè di quelli di “Lacerba” e dei “vociani”con Prezzolini. Ci finiva anche il disperato poeta Dino Campana, ci si incontravano Giovanni Papini, Aldo Palazzeschi, Primo Conti,….. insomma c’era posto per un bel pattuglione nel locale che ai primi del ‘900 si era ingrandito al punto tale da occupare quasi tutto l’isolato, fino a via de’ Tosinghi.
Dal ’26, cioè dalla fondazione a Firenze della rivista “Solaria”, Agnoletti, partecipò all’esperienza della pubblicazione letteraria fondata e diretta dal ventenne Alberto Carocci.
Ma non poteva mancare anche all’appuntamento con “L’Universale”, rivista di Berto Ricci.
Nello stesso 1926, quando, dopo l’ennesimo commissariamento, si insediò il nuovo direttivo del Fascio fiorentino guidato dal marchese Luigi Ridolfi, nel quale spiccavano anche nomi dell’aristocrazia locale (il conte Vilfredo Della Gherardesca, il conte Piero Guicciardini, il marchese Pietro Alli Maccarani, ed altri) ad Agnoletti fu affidato l’incarico di capo dell’Ufficio Stampa.
Fu nuovamente nel Direttorio fascista fiorentino nel 1931, come comandante dei Fasci giovanili (curioso incarico per un sessantenne, probabilmente un incarico solo onorifico). Da quell’incarico, nello stesso anno, pubblicò un “ABC del giovane fascista”.
Nel 1932 l’ultima battaglia fiorentina di Agnoletti fu quella riguardante i progetti della Stazione di Santa Maria Novella. Agnoletti fu tra coloro che montarono la polemica contro l’iniziale progetto dell’ing. Angiolo Mazzoni (funzionario delle Ferrovie) e che riuscirono a spuntarla imponendo il loro punto di vista estetico (ed ideologico). Agnoletti fu tra i firmatari del “manifesto” nel quale si sosteneva che “l’unità estetica di qualsiasi città vivente risulta dalla coesistenza e successione di opere improntate ciascuna allo spirito del proprio tempo” e che quindi era necessario “rinnovare il volto di Firenze secondo la civiltà fascista, rinnovamento già in atto con lo Stadio Berta”.
Nel lungo elenco dei firmatari del documento spiccavano anche i nomi di Marinetti, Domenico Giuliotti, Giorgio De Chirico e Primo Conti. La spuntarono loro.
Tra le tante iniziative culturali ufficiali fiorentine, nel 1932, quando fu istituito il Premio letterario Firenze, curato dalla federazione fascista e dal Sindacato toscano degli Scrittori, Agnoletti fu chiamato a far parte del direttivo composto da personalità di prestigio nazionale.
L’ultimissimo incarico ricevuto quando ormai il tumore lo stava portando alla morte (avvenuta a Firenze nel novembre 1933), fu quello di far parte della numerosa e qualificata Commissione di artisti e di professionisti, istituita per seguire le modifiche urbanistiche e i piani regolatori della città.
Ultimo suo libro pubblicato fu “Il bordone della poesia”, dall’amico Vallecchi nel 1930.
Ada Negri, che era stata sua amica e con la quale scambiò un fitto carteggio, lo visitò spesso all’ospedale negli ultimi tempi prima della morte. Gli scritti di Agnoletti, i suoi carteggi con Sibilla Aleramo, Margherita Sarfatti, Eleonora Duse, Berto Ricci e altri importanti scrittori e artisti del suo tempo, sono stati raccolti dalla Fondazione Primo Conti. (da Effemeridi del Giorno, gruppo Fb)