ROMA . La “casa” dell’ onorevole Teodoro Buontempo, stroncata da una molotov, cadde sul campo durante uno scontro di piazza coi “rossi” una mattina di primavera del 1972 e fu sepolta, con gli onori dei camerati, presso uno sfasciacarrozze sul raccordo anulare. Lui, dignitoso, non verso’ una lacrima. Eppure quella Fiat 500 color amaranto targata Chieti era stata per quasi tre anni la sua dimora. Quando ci ripensa, il deputato fascista di An, che inutilmente Fini aveva sperato di perdere per strada dopo la decisione di liberarsi del reliquiario politico mussoliniano, stringe i pugni per la rabbia: “Mortacci! L’ unico sono stato! L’ unico!”. L’ unico pirla che, venuto a Roma per darsi alla politica, non abbia avuto la fortuna di avere da parte di un’ ente pubblico neanche uno straccio di attico su Piazza Barberini, una topaia terrazzata sui Fori Imperiali, un monolocale di due ettari su Fontana di Trevi. Macche’ : reietto. “Ero orfano di padre, orfano di madre, nullatenente, fuori sede. Tutte le mie speranze erano riposte nella graduatoria accessi della casa dello studente. Ma era lottizzata pure quella”. Presidente allora del Fronte della Gioventu’ , capopopolo amatissimo dai “neri” e odiatissimo dagli avversari politici che lo accusavano di essere un picchiatore, presentava biglietti da visita con scritto: “Buontempo Teodoro. Indirizzo: salita di Valle Giulia, dietro Architettura, piazzola a sinistra dopo la fontanella”. Arrivato a Roma da Ortona a Mare, con la 500 del papa’ , nell’ ottobre del 1969, si era piazzato “in collina” a Villa Borghese fin dalle prime notti: “C’ era un bel panorama, aria buona e quando non avevo niente da fare guardavo le macchine che passavano. Bevevo, mi lavavo e mi facevo la barba alla fontanella. Ero ospite fisso alla Casa del Passeggero, vicino alla stazione Termini. La mattina mi presentavo li’ , facevo la doccia, davo la roba sporca da lavare alla signora Elena e andavo a far politica. Sempre elegantissimo”. Elegantissimo? “Avevo un doppio petto col gile’ che mi aveva fatto un amico sarto. Sempre stiratissimo”. Stiratissimo? “La sera lo piegavo e l’ appendevo con l’ attaccapanni nella 500”. E non puzzava, a metter sempre quello? “Mai”. Tanto e’ vero che da allora gli hanno appiccicato un soprannome imperituro: Er Pecora. A raccontarla adesso, Teodoro Buontempo ride: “Mi pagavo l’ universita’ facendo il cameriere. Andavo a lavorare la sera verso le sette, finivo alle tre di notte. Allora prendevo la mia 500 e me ne andavo a villa Borghese a dormire”. E dormiva seduto? “Avevo arredato la macchina come potevo. Mi ero fatto una scatola di legno per metterci il sapone e la roba da toilette, tenevo il guardaroba in una valigia posata dietro, dormivo rannicchiato nel vano che avevo ricavato sbassando il sedile accanto al posto di guida”. Sbassando? “Sostanzialmente diciamo che l’ avevo eliminato”. Comodo? “Confesso che mi aiutava la statura”. Quanto e’ alto? “Normale”. Normale quanto? “Saro’ uno e settantaquattro”. Coi tacchi? “Vabbe’ , forse saro’ un po’ di meno, non mi ricordo…”. E con le donne come andava? “Uuuuh! Fantastico! Non c’ e’ alcova migliore della 500”. Non si sta strettini? “Meglio! Uuuuh! Meglio!”. Defunta la “camerata 500” per colpa di quella maledetta bottiglia incendiaria, i missini ebbero tanta pena per er Pecora che decisero di fare una colletta per regalargli un decrepito Maggiolino Volkswagen miracolosamente scampato alle presse del demolitore: “Fu come passare da un monolocale a un villino”. Ci dormi’ sei o sette mesi, poi fece il salto di qualita’ : “E andai a vivere in uno scantinato nel sottosuolo di Piazza Vittorio”. Ma anche adesso, che vive con la famiglia in una villetta sui colli di Montecompatri, comprata con un mutuo dell’ Inpgi e un altro del Banco di Roma, Teodoro Buontempo confessa di rimpiangere talvolta quelle notti in macchina. Ma a dormire in una Mercedes che gusto c’ e’?