Poi, all’improvviso, è apparso con la velocità d’un fulmine recalcitrante. Da dove sia sbucato fuori, nel paese dei vecchi dinosauri, questo biondino smilzo deciso nerboruto, ce lo racconta, appassionandoci, Gennaro Sangiuliano nel suo sorprendente “Putin. Vita di uno zar” (Mondadori). Una biografia certo, e con tutte le informazioni e i dati che una biografia deve fornire, ma che spesso si accorda sul tono più avvincente del romanzo. E diventa allora romanzo di formazione nel ritratto del Putin giovane, l’hooligan cacciatore di ratti nei bassifondi di Leningrado, espulso con disonore dai Giovani pionieri. E ancora romanzo picaresco con la cronaca incredibile della scalata al successo – memorabile la scena del guasconcello che si affaccia nella sede del kgb e, come niente fosse, chiede: ehi gente! chessi fa per lavorare qui da voi.
Eppoi gli amori e la famiglia e il cupo passato – l’invasione nazista dopo il patto tra i due demoni, Hitler e Stalin, col povero falegname comunista tedesco Liskow che diserta per avvisare i compagni sovietici e, considerato un “provocatore” (sic), viene ucciso proprio da quelli che voleva salvare. E ancora, avvicinandoci ai giorni nostri, la vittoria sugli oligarchi e la guerra in Cecenia, una guerra sporca e crudele, se mai ve ne furono, cui tuttavia si deve il pericolo sventato di un avamposto islamista proprio in Occidente. C’è insomma, tra queste pagine, tutto quello che serve sapere sull’uomo che oggi, nel pieno della follia fondamentalista, ha forse più di chiunque altro i destini di noi tutti nelle sue mani.