
Il 17 febbraio 1998 Ernst Jünger è morto a Riedlingen. Ricordiamo l’anniversario della scomparsa con un articolo dello studioso del filosofo tedesco Luigi Iannone
Quanto manca in una società atrofizzata un intellettuale come Pasolini? Uno che sia capace di comprendere attraverso le nodose fibre della quotidianità i percorsi epocali che ci sovrastano e non solo i miseri fatti contingenti. E’ un interrogativo polemico che ci viene posto, a volte anche con una certa ripetitività, e che sembra senza soluzione. Ma, se in Italia siamo messi male, non è lo stesso se volgiamo lo sguardo al resto del mondo dove la situazione pare diversa. Pensatori capaci di leggere in profondità i viluppi della realtà, per riportarli poi in un quadro di medio-lungo periodo, ve ne sono infatti molti.
Dovremmo tuttavia porci un altro interrogativo. Quanto ci manca una figura di profeta laico così come riuscì ad incarnarla il tedesco Ernst Jünger? Profeta in quanto capace di una visione d’insieme che oltrepassava il quadro sociale di riferimento fino a solcare il mare aperto della metafisica; e laico, non in quanto privo di religiosità, ma perché avulso da ogni condizionamento o pregiudizio. Pasolini, come altri della sua generazione, comprese in anticipo la rovina che stava per determinare l’avvento del consumismo, ma non andò oltre la denuncia delle magagne della politica e delle pecche dell’incipiente civiltà post-industriale. Colse la degenerazione materialistica ma da poeta.
Ernst Jünger fu un pensatore che, tranne nella sua primissima fase di vita, volò sempre alto sulle misere faccende della politica. Non che fosse estraneo alle particolarità del reale ma la sua scrittura si dispiegò attraverso una dottrina dell’universale, cercando di cogliere i segni di un intero ciclo temporale attraverso i movimenti tellurici portati in superficie dalla globalizzazione. Non solo una pur lodevole e condivisibile analisi delle amenità del mondo moderno, come fece Pasolini attraverso il suo incantato sguardo poetico, ma – appunto – profetiche riflessioni sulla Tecnica e sullo Stato mondiale, sull’individualismo e sulla libertà, sul sacro e sulla comunità, sulla natura e sulla civiltà. Ed in questo fu impareggiabile. Neppure lontanamente paragonabile ad alcun altro pensatore del suo secolo.
Un modello che manca ancora oggi, in un mondo totalmente avviluppato a due sole forme di intellettuali. Quelli che pregiudizialmente sono schierati e quindi dispiegano ogni loro argomentazione all’interno di quel perimetro (i laici, i cattolici, i progressisti, quelli del ‘pensiero debole’, quelli del ‘nuovo realismo’, eccetera) e i ‘tuttologi’; opinionisti di quarta serie che per narcisismo si esprimono su ogni tematica dello scibile umano.
Ernst Jünger fu uno di quegli intellettuali che nascono di rado perché la sua potente prospettiva d’indagine non fu mai comprimibile nella logica del contingente. E la sua profonda varietà di interessi era tutt’altro che boria narcisistica. Ecco perché c’è da rassegnarsi a non veder più apparire all’orizzonte un pensatore di siffatta specie.
* curatore del volume monografico “Ernst Jünger” per Solfanelli