Di questi tempi, vista la crisi editoriale e l’interesse di lettori sempre più stimolati da libri cosiddetti usa e getta, lanciarsi in una sfida che intercetti filosofia e diritto, per proporla al grande pubblico, è sintomo di follia e temerarietà. La filosofia politica kantiana (Armando editore, p.125) è il titolo impegnativo dell’ultimo lavoro di Giuseppe Gagliano, laureato in filosofia, presidente del Centro Studi Strategici Carlo De Cristoforis (CESTUDEC) e saggista per numerose riviste di geopolitica e di storia militare. Un volume che, nella sua prima parte, mette al vaglio le opere di Kant tra il 1784 e il 1793 in cui si dispiegano riflessioni in tema di diritto e di storia; il cuore del libro si rivolge invece allo studio di due scritti: Per la pace perpetua: un progetto filosofico (1795) e Metafisica dei costumi (1797); mentre, l’ultima parte si sofferma sulla correlazione tra impostazione kantiana delle relazioni interstatuali e il realismo politico.
A dispetto di quanto ho anticipato in premessa è tuttavia un volume snello, che cioè ‘si lascia leggere’, nonostante la portata dei temi sia impegnativa anche per lo studioso più esperto. Come spiega Gagliano sin dall’introduzione, egli tiene conto delle riflessioni di Filippo Gonnelli, Massimo Mori e Romina Perni i quali dall’esposizione organica dei fondamenti della dottrina politica kantiana fino alla filosofia del diritto e della storia elaborano una serie di contributi efficaci da cui poi attinge parte del suo lavoro. Ma sono tanti e tali gli spunti che si farebbe difetto ad elencarne alcuni correndo il rischio di dimenticarne altri, di pari importanza e godibilità dal punto di vista della lettura.
E quest’ultimo fattore non è irrilevante visto che, oltre all’ermeneutica kantiana ed al personale punto di vista di Gagliano, l’ultima parte del volume è dedicata a quella parta di analisi che, in genere, manca a lavori di questo tipo: l’attualità del pensiero e, nel caso specifico, l’attualità del progetto kantiano. Dopo averne ripercorso i gangli vitali, Gagliano si sofferma sulla teoria più solleticante, quella della pace perpetua che, nella fase attuale, trova una parziale prospettiva politica nell’azione claudicante delle Nazioni Unite. Azione che viste le sempre più complesse vicende di politica internazionale risulterebbe più un ideale da raggiungere che un obiettivo conquistato e quindi da conservare. Palesatasi spesso nelle sue derive utopistiche nel momento in cui per favorire processi di democratizzazione di sistemi politici in contesti politici e geografici lontanissimi dal modello occidentale, ha provocato effetti dirompenti e contrari a quelli auspicati, oltre ad un correlato non secondario di alcune decine di migliaia di morti. Gagliano sembra tirare fuori da questa logica di cosmopolitismo indotto una visione di Kant che reputa invece meno visionaria di quanto appaia. L’idea di una eventuale lega di Stati liberi che dovrebbe reggersi su un diritto internazionale da cui fosse escluso il diritto della forza perché fondato su leggi morali cui ogni membro e quindi ogni Stato, ne avrebbe preventivamente accettato l’impianto teorico. Ciò che però salta agli occhi è che nell’attuale diritto internazionale più che ecumeniche leggi morali vige la legge di un ristretto gruppo di Stati dominanti che creano ed investono le altre entità statuali della ‘loro’ morale. La via d’uscita risiederebbe nel fatto che l’ONU dovrebbe assumere su di sé il carico di effettivi poteri sovrani per circoscrivere quelli di alcuni Stati finora predominanti. Sarà possibile? Finora il realismo politico, o meglio il più bieco pragmatismo, ha vinto su qualunque visione cosmopolita di tipo pacifista.
*La filosofia politica kantiana di Giuseppe Gagliano (Armando editore, p.125)