Un percorso di realismo onirico lo ha definito Mario Michele Merlino, uniformato dal colore nero dell’abisso esperienziale e della verità storica: è così che nasce “Nei Meandri”, il nuovo lavoro pubblicato dalla casa editrice Ritter, con la collaborazione di Marialucia Conistabile, Roberta di Casimirro e Mario Michele Merlino.
I primi passi in nero li muove Marialucia Conistabile, giornalista della Gazzetta del sud e scrittrice, testimone di una cronaca del colore della notte fonda, dell’abisso infernale. I suoi protagonisti appaiono come proiezioni della mente in seguito a ricostruzioni e indagini, a riflessioni e sogni persi nella foschia della volontaria e colpevole omertà. Morti assurde, fredde, meditate, bagnate da lacrime e sporche di fango; volti senza tratti distintivi, che chiedono la serenità della verità. Lo stile giornalistico fuso perfettamente con l’intento narrativo, dominato dalla personalità dell’io narrante che sacrifica in più punti l’oggettività del cronista alla vittoria del proprio sdegno: di far parte di una realtà offensiva, falsa e bugiarda, violenta gratuitamente, priva di norme etiche che distinguono la civiltà dalla barbarie.
Spetta a Roberta Di Casimirro il tema del viaggio, caro a chi si sente di appartenere alla tipologia dell’errante, di chi si aggira per il mondo alla ricerca di verità e forse anche un po’ di se stesso. Regista di RadioRai e curatrice di eventi culturali, Roberta Di Casimirro è una scoperta, prestata al campo della narrativa. Il suo stile rapsodico cattura l’attenzione del lettore senza esaurirne la pazienza, così come la sua profondità riflessiva diventa compagna di viaggio di noi che ci accingiamo a seguirla. Prima tappa New York post 11 settembre, per sfuggire all’impotenza di un addio, ad una morte inaccettabile: quella del proprio padre. Il nuovo mondo raggiunto casualmente sull’aereo di linea AZ 610, volo storico dell’aviazione italiana. L’America è grande da rendere a strisce persino il cielo, con le sue costruzioni vicine e altissime; l’America è multietnica con i suoi tassisti estranei al territorio, dalla sua conoscenza stradale ai suoi usi e costumi, e i suoi ghetti, custodi di identità non integrate. Eppure l’Italia presente e apprezzata ha vinto con la cultura e la storia il suo dominatore; di Little Italy non rimane che uno spazio caro al folklore.
Siamo nel 1995, Roberta vola a Parigi, prima volta, viaggio canonico, “con guida alla mano”, come quello che fanno tutti, ma era con “lui”. Aveva 28 anni e aspettative di vita differenti dalle odierne. Una delusione bruciante, le avvilenti lacrime incomprese ancor oggi dell’uomo che voleva avere accanto per sempre e una svolta, una canzone a fare da colonna sonora alla fine di una grande passione. Da sola si ritroverà a camminare per le strade dell’amata capitale francese nei tempi della guerra in Libia, alla ricerca di Brasillach, trovando un raro Sorel, scoprendo la tomba di Bardéche, insieme al cognato messo all’indice da i vincitori che non perdonano la grandezza dei vinti. Cinque rose rosse per lui, come le cinque gocce di sangue versate dai difensori di un’Europa alla quale qualcuno ancora sa guardare con ammirazione. E’ la volta di Trieste e della visita a Fiume, muovendosi tra gli spettri di una quotidianità di degrado fa da guida il ricordo di un passato ridente e vincente. Il momento richiama alla mente di Roberta la storia degli infoibati, dell’Italia rapita e dell’ identità negata. E infine a richiamare la sua presenza è il terremoto dell’Aquila, città sventrata, che dorme tra i suoi ruderi, sacri come le vite spezzate fra quelle pietre.
L’identità, il rispetto per la storia la fusione dell’essere con il destino è questo il viaggio di Roberta Di Casimirro. Una guida scritta per chi guarda con gli occhi dello spirito il mondo che ci circonda e ai musei preferisce l’aria, preferisce il sorriso della gente, i colori della vita, all’insegna di dignità del provvisorio che più che vane parole possono divenire uno stile.
Le memorie in nero appartengono in toto a Mario Michele Merlino, professore di filosofia, cardine ideale intorno cui si è stretta per anni una comunità. Non da questa ultima opera Mario Michele Merlino ha dedicato il suo tempo alla narrazione delle “memorie”. Memorie eroiche, che nella ricostruzione veritiera della storia riscoprono valori dimenticati dai più, quelli che ci hanno reso grandi, competitivi, vincenti anche nella sconfitta. Storie di vinti, di giovinezza e guerra, di passione amorosa e rispetto dell’idea. La guerra è finita, l’8 settembre divide l’Italia tra traditori, sconfitti e impavidi. I protagonisti dei due racconti scelgono tutti, istintivamente la terza via, la via dell’azione, di chi, come poi ha inciso Evola, agisce senza guardare ai frutti, senza la prospettiva del successo e dell’insuccesso, della vittoria o della sconfitta, del guadagno o della perdita, del piacere o del dolore e neanche dell’approvazione o la disapprovazione altrui.
Angelo sopravvissuto di “Tre fratelli”, nazionalità francese ma italianità nel sangue, diserta l’esercito per andare a combattere in camicia nera. Difensori di una idea di Europa contro chi “voleva annetterla per spartirsene le rovine”, saranno divisi dalla guerra e dal destino; un ultimo sguardo, il braccio levato nel saluto romano e poi il ricordo di una famiglia che non esiste più. Dal silenzio di guerra non rotto neanche dall’azione delle armi al vociare talvolta scomposto degli anni ’70, alla violenza cieca in nome dell’arroganza, della vittoria e della legittimazione storica. Trascinati in un conflitto che non hanno combattuto i giovani degli anni settanta sentono il peso dell’eredità fascista, nutrito anche del complesso di non averne fatto parte.
La terza via abbraccia anche l’ufficiale Nerio Neri, comandante, nel 1940, di un plotone di bersaglieri durante la guerra in Grecia, militare fedele al Duce e al Re, dopo l’8 settembre offeso dalla viltà di quanti con semplicità voltano le spalle all’idolo che avevano contribuito a creare. A fargli da spalla un vecchio e cinico professore, che ben conosce il prezzo della guerra, per questo lo annuncia.
Nerio Neri mutilo, dopo la guerra, rimarrà in piedi fra le rovine dei liberatori a rappresentazione di una Italia viva, entusiasta, fascista: “L’unico…in camicia nera”, distante dai tanti reietti, stirnerianamente alla ricerca di una propria libertà non concedibile da altri se non da se stesso.
Pagine di storia ben scritte ed emotivamente coinvolgenti, curate sin dalla punteggiature nel non creare ostacoli fra la voracità dell’anima, che chiede giustizia e il tempo che si attarda a concederla.
Non solo morte e sconfitta nei racconti di Mario Michele Merlino, ma sempre amore e passione, che ad ogni età donano conforto, piacere, sostegno. La grandezza di questi uomini riposa sul caldo grembo di donne rispettose dell’idea, faro guida nonostante il triste destino dei loro uomini.
Il silenzio è il suono di ogni pagina e la foschia di un’alba incerta lo sfondo, apparentemente calda l’atmosfera, fino alla sorprendente calata del gelo. E la nostalgia, che fa sospirare il lettore dopo ogni punto conclusivo. Che sia frutto del privato come la cronaca di Marialucia Conistabile o di un privato misto al passato storico come i racconti della Di Casimirro o che sia passato, specchio della propria esistenza come per le memorie di Mario Merlino, la nostalgia non ha che un ruolo da coprotagonista. Protagonista di “Nei Meandri” è la speranza, quella di chi “tornando a casa con dolore” sente il compito di ridare a quel doloroso vuoto un nuovo arredamento, ma nel medesimo spazio.