Di Franco Battiato farò sempre fatica a dire male. Non che ce ne sia motivo. Ma tempo fa, il suo breve e negativo contributo alla politica siciliana mi stupì; così come talune sue dichiarazioni. Furono però solo folate di vento che si accettano e si subiscono perché volano sopra la vita di ognuno di noi. Si disse che era un pesce fuor d’acqua, ed infatti esalò il suo ultimo respiro prima ancora di capir qualcosa della politica e dei partiti. Ma anche quando, quasi controvoglia, si sottopone ad interviste televisive, mi sollecita atroci dubbi. Qualunque cosa dica o farfugli, le sue risposte vagano sempre tra il criptico e l’illogico e mai rendono giustizia in termini di chiarezza espositiva.
Ma tutto ciò non ha un senso rispetto alla sua ‘produzione’ che si arricchisce ora di una raccolta di 52 brani dal titolo Le nostre anime. Infatti, non giudico Celine per la vita privata; Bukowski per le sbronze; Hemingway per l’ego smisurato o Caravaggio per la frequentazione di bordelli. Un artista si osserva, si ascolta e si giudica per quel che ‘produce’ o meglio ‘crea’. Definizione al limite del dozzinale visto che è attribuibile ad ogni essere vivente che strimpella un qualunque strumento a corde o saltella in qualche studio televisivo ma non c’è altra forma per individuare l’arte con la ‘A’ maiuscola.
Battiato è tutt’altra cosa, sia rispetto al rancoroso politico principiante di qualche mese fa che a menestrelli monologanti che intasano ogni frequenza radio o canale televisivo. E’ di molte spanne superiore agli altri; anzi, gioca proprio in un altro campionato. Sarò di parte, ma è il paradigma della autorevolezza attraverso quelle piume lievemente agitate dalle emozioni che sono le note delle sue canzonette popolari. Battiato evoca; stimola induzioni; provoca bagliori di luce da cogliere al volo e in cui se si ha l’animo pronto bisogna subitaneamente incunearsi. Ha insomma una funzione maieutica, per quanto pure possa evincersi in opere di una durata media di tre minuti. Si sforza di aprirci all’ignoto, o forse a ciò che era noto agli abitatori di un tempo lontano, che ripudiavano ogni minimo sentore di banalità pur non disdegnando la leggerezza. Ed è per questo che ha sempre sperimentato con vigorosa vaporosità e allo stesso tempo con salda fatica artigianale gli ambiti più variegati. Ha saggiato cinema e musica classica, si è inerpicato lungo l’irto sentiero della scrittura ed è sprofondato nelle fedi orientali; si è messo alla prova con la musica elettronica e si è adagiato con grazia nelle sinuosità evocanti delle danze dervisci. E poi la filosofia, anch’essa a modo suo; tramite quella mente stralunata ed acuta di Manlio Sgalambro; nichilista fieramente riconosciutosi tale, come un imperturbabile commiato dalla mediocrità generale incapace di scoperchiare gli abissi più profondi dello spirito.
Quando penso a Battiato penso alla portata tanto immaginaria quanto reale delle sue canzoni; alle dimensioni oniriche di quei fumi sciamanici che escono dai suoi pentagrammi e a quella soglia di consapevolezza che precede ignote e mai esplorate dimensioni dell’anima dell’uomo moderno.
E perciò, possiamo dirlo in tutta franchezza; Battiato è un cantante impegnato. Ma non nel senso inteso negli anni settanta; vale a dire fintamente serioso e quindi noioso al limite dal soporifero. Non un santone obbligatoriamente vincolato ad esprimersi su temi sociali o politici dalle cui labbra pendere. Quelle erano solo avvisaglie di un tempo nichilistico che ha precorso e percorso con lucida temerarietà. Vincolato all’impegno solo in quanto artigiano della parola creatrice che cerca la conoscenza attraverso la catarsi; e la catarsi attraverso la conoscenza spirituale. Ogni singolo termine acquista un senso nel tutto ma – come non capita mai a nessun altro cantante – è evocazione anche nella sua banale univocità. E solo poesia e filosofia possono raggiungere tali vette; possono cioè permettersi di evocare senza dilapidare la credibilità nel convenzionalismo. Battiato è un moderno Virgilio che ci accompagna e poi ci congeda perché la strada da percorrere è sempre davanti a noi e dobbiamo percorrerla da soli.