Nel gergo parlamentare con il termine “governo tecnico” si intende un «governo dalla non dichiarata identità politica, spesso appoggiato dalle forze politiche in situazioni di emergenza, quando il sistema dei partiti non riesce ad esprimere un governo pienamente funzionante. Estranee alle forze politiche al fine di affrontare l’emergenza, senza incontrare i veti dei partiti politici in Parlamento». Una forte garanzia d’indipendenza insomma. Così come del resto è stato nel 1995 per il primo governo tecnico della storia repubblicana: il governo Dini.
Da qualche settimana le cose non sono proprio così. Che i membri di questo governo tecnico avessero aspirazioni politiche non è una cosa nuova: il ministro Barca (Coesione territoriale) ha più volte manifestato la sua ambizione di far parte della classe dirigente del Pd, partito al quale ha aderito ufficialmente lo scorso 11 aprile lanciando un vero e proprio “manifesto” in direzione leadership; il ministro Riccardi (Cooperazione Internazionale), da parte sua, si è prima candidato e poi ritirato dalla corsa elettorale pur guidando la corrente “montiana” d’ispirazione cattolica; oppure i ministri Moavero (Politiche europee), Balduzzi (Salute) e Catania (Agricoltura) che hanno ufficialmente partecipato alle politiche di febbraio.
Ma se il ministro Moavero non è stato eletto, diverso è il discorso per gli altri due candidati. Così dalle scorse elezioni, risiedono nello scranno dell’esecutivo due ministri “tecnici”che oggi ricoprono anche le cariche di onorevoli: Renato Balduzzi (deputato Scelta Civica) e Mario Catania (deputato Udc).
È vero, quello a cui assistiamo oggi è una situazione eccezionale. Ricordiamo che l’attuale governo non ha la fiducia del nuovo Parlamento (normalmente la nascita di un nuovo Parlamento corrisponde con la nascita di una nuova legislatura e quindi di un nuovo esecutivo). Ma a distanza di quasi 50 giorni dalle elezioni e senza un nuovo governo, il governo tecnico di fatto continua ad operare con all’interno due membri che oggi sono a tutti gli effetti “politici” nonché uno che si candida a guidare niente poco di meno che il Pd e un altro che intende rifare la Dc (quella 3.0). Come se non bastasse c’è chi chiede un altro governo tecnico. Facciamoci ancora del male.