Nicola Rao, storico della destra postfascista, scrittore e giornalista (responsabile del Tg3 Lazio). Solo un paio di mesi fa c’era Marino sindaco, Renzi con il vento in poppa e la Fondazione An era congelata. Adesso a Roma si vota, il governo ha una fronda a sinistra e la Fondazione postmissina sembra destinata a svolgere un nuovo ruolo sotto l’egida di Fdi. Nuove condizioni favorevoli, ma la destra resta ancora sonnecchiante.
Che itinerario può intraprendere alle amministrative quello che resta del centrodestra?
“Nella politica contemporanea sette mesi – questa piu’ o meno la distanza che ci separa dal nuovo voto amministrativo a Roma – sono un lasso di tempo incommensurabile. In cui puo’ davvero succedere qualsiasi cosa. Sarebbe come indovinare chi vincerà lo scudetto e chi invece retrocederà nella serie inferiore. Fin dalla prima giornata di campionato. Detto questo, al momento il centrodestra sta ancora vivendo una profonda crisi post-traumatica e non si intravede una inversione di tendenza”.
La possibile candidatura della Meloni: un remake di Fini-sindaco nel 1993?
“La candidatura di Meloni a Roma resta, a mio giudizio, una carta importante da giocare, ma soltanto se il centrodestra, in tutte le sue declinazioni, correrà unito dietro questa bandiera. E, al momento, non mi sembra che sia così. Non so se si può immaginare un’equazione Meloni 2016 uguale Fini 1993. Troppa distanza temporale tra le due candidature e troppo diverse le condizioni sociali, ambientali e politiche in cui sono maturate. Resta il fatto che, secondo tutti i sondaggi, Giorgia vanta un consenso di quattro-cinque volte superiore a quello del partito che guida. E questo credo che la dica lunga sul carattere transitorio e provvisorio del contenitore Fratelli d’Italia, in una prospettiva di rinascita e ricostruzione unitaria della destra italiana.
Perché Marchini seduce tanti moderati e intellettuali come Pietrangelo Buttafuoco e Marcello Veneziani?
“Marchini seduce non solo tanti moderati, ma tanti osservatori e king maker, sia a destra sia a sinistra. Perché? Ma perché é bello, ricco, telegenico, perché dice cose di buonsenso, perché cavalca l’ondata dell’antipolitica ma lo fa con garbo, non urlando alla grillina, ma sussurrando gli stessi slogan. E poi viene da una famiglia storicamente comunista mentre lui, come ha recentemente dichiarato a un’intervista al Corsera, non ha mai votato Pci. Insomma, contiene e comprende tutta la storia italiana (e il suo contrario) degli ultimi 50 anni. Cosa si può volere di più dalla vita?”.
Salvini può egemonizzare l’area sovranista? La Lega può sfondare anche a Roma?
“Non so se Salvini possa o potrà mai egemonizzare l’area sovranista, che io preferisco definire nazionale e sociale. Soprattutto perché non giurerei sullo sfondamento della Lega al centrosud, a cominciare da Roma”.
Tanti elettori ex An votano Grillo senza se e senza ma. Il M5S come valvola di sfogo per i delusi o come trampolino per una nuova politica antipatitocratica?
“Il Movimento cinquestelle ha certamente ottenuto molti voti orfani del centrodestra e della destra tout court. Su Roma c’é poi un’ulteriore elemento da considerare. Se si candiderà Alessandro Di Battista – con il padre, ex consigliere comunale missino a Viterbo ed ancora oggi dichiaratamente fascista – questi saranno ulteriori elementi che potrebbero portare parte dell’elettorato storico del Msi e di An, ormai in rotta di collisione con il mondo di provenienza, a guardare con entusiasmo al movimento Cinque stelle”.
Fronte identitario o nuova casa delle Libertà: quale modello per le obbligate alleanze con la legge elettorale al vaglio delle Camere?
“Al di là della nuova legge elettorale, credo che, come ho già detto prima, il centrodestra debba ricostruire momenti e motivi di unità e di condivisione – non so se si possa dar vita a una federazione, a un cartello o a una vera e propria alleanza politico-elettorale – ma non c’é dubbio che se Salvini, Meloni e quel che resta del berlusconismo, marceranno divisi, la loro debacle è già scritta”.
Dove si allevano/coltivano le idee di un patriottismo 2.0?
“Il patriottismo 2.0 va rifondato e ripescato dal basso, dal territorio. Va ricercato e ritrovato nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei quartieri. Ed insieme a questo lavoro di manovalanza occorre un ulteriore sforzo di immaginazione e di fantasia a livello di marketing e di comunicazione. Nella politica contemporanea l’immagine è tutto e l’immagine, il corpo del leader, da soli interpretano, rinvigoriscono e sostanziano l’idea. Sono contemporaneamente il messaggio e il contenuto. Da questo punto di vista, certamente il successo che hanno sia Salvini sia Meloni come gradimento personale, sono importanti ma temo che non siano ancora sufficienti per far tornare a vincere il fronte sociale e nazionale”.