A Vaprio d’Adda un pensionato ha ammazzato un ladro che stava per rubargli in casa. Mesi prima, un mite benzinaio veneto aveva sparato addosso ai rapinatori di una gioielleria. Due tragedie accadute nella provincia del profondo Nord e due drammi che continuano a consumarsi nella coscienza di uomini perbene che non potranno mai dimenticare il fatto di esser stati costretti a diventare assassini. E due pugni in faccia allo Stato che non riesce, evidentemente, a garantire la sicurezza dei suoi cittadini.
Sarebbe fisiologico che le classi dirigenti (o aspiranti tali) si interrogassero su quanto sta avvenendo nelle periferie laboriose del Settentrione che poi sono diventate uguali a Tor Sapienza di Roma (già ve ne siete scordati, vero?) e a Scampia e Secondigliano (esistono davvero, mica solo come sfondo alle fiction di Sky). È evidente però che alla proposta politica preferiscano sostituire un’efficace campagna di comunicazione. Spiegategli che i “mi piace” pubblici su Facebook non si trasformano automaticamente nei bramatissimi voti partoriti nel segreto dell’urna.
La beffa è che il problema della sicurezza, vero e pressante e urgente, si risolve nella disfida di tromboni che si combattono in tv a colpi di boutade. C’è quello che caccia la pistola a favor di telecamere e quell’altro che rimprovera il pensionato lombardo perchè non ha voluto spendere due lire per mettere sbarre e cancelli. Due campane, tutte e due stonatissime, inascoltabili e – diciamocela tutta – offensive e senza rispetto per l’intelligenza degli italiani. Ma tant’è. Solo così se ne riesce a parlare. O Buonanno o Librandi. Tertium non datur. Eppure quella della sicurezza è un’emergenza che travalica simpatie e colori politici, avvertita indiscriminatamente sia dai cittadini di destra che di sinistra che di centro. La politica, però, affronta il tema soltanto con gli slogan da mattatori mediatici finendo per alimentare un pericoloso cortocircuito di tensioni irrisolte.
Il dibattito vuole che ci si trasformi tutti, senza compromessi, o in ultrà di Stacchio e Sicignano (che devono pure subire l’onta di venire utilizzati a fini di propaganda elettorale) oppure in suorine laiche e azzimati megadirettori adusi a pontificare dai comodi salotti dei Parioli. Eppure spazio per ragionare ce n’è a iosa. Istituzioni e leggi, dovere della sicurezza. Roba di destra. Ma non fa cassetta, oppure non c’è il coraggio di dire chiaramente che la legittima difesa è sacrosanta e va iscritta nell’ambito di un sistema giuridico serio e che proprio per questo non si può delegare la risoluzione dell’emergenza sicurezza (che c’è da Trieste a Pantelleria) all’iniziativa privata, magari invitando le vecchine di Pontremoli a contrattare forniture d’armi che manco i peshmerga curdi. Tutta roba che sarebbe di destra e di governo a ben vedere. Forse non buca lo schermo ‘sta cosa. Chissà. E a furia di (presunte) provocazioni, i due schieramenti finiscono per dire sempre la stessa cosa.
Tempo fa, a Roma, fece scalpore la chiamata alle armi (ramazza e scopa) di Alessandro Gassman. Vi lamentate che la città è sporca? Pulitevela da voi. La proposta fece la felicità della sinistra mentre la destra sciorinò dati e valutazioni sui costi dei biglietti al cinema. Adesso è la destra che chiama alle armi (pistole e fucili). Il bandito vi assalta? Difendetevi da voi. Alla sinistra tocca arrabbiarsi. Al cittadino, in entrambi i casi, tocca sempre sostituirsi allo Stato e continuare a pagare le tasse, sentendosi abbandonato e offeso. Perciò suscettibile e impaurito, incarognito attende l’arrivo salvifico del Giustiziere della Notte (ma non lo voterebbe mai, fidatevi) mentre la sedicente classe dirigente continua a credere che governare (o prepararsi a farlo) consista nel seguire i top trend di Twitter.