Pubblichiamo l’ultima intervista di Alain de Benoist per Boulevard Voltaire
Zemmour, Onfray, Finkielkraut, Debray e gli altri… La sinistra non la smette mai di denunciare il ritorno dei “neoreazionari”. Laurent Joffrin continua a dire che costituiscono il vero “pensiero unico”! Che cosa succede, dunque, nel panorama intellettuale?
Succedono due cose. La prima è che l’ideologia dominante ha cessato di rinnovarsi. La sinistra, in particolare, che in passato aveva dato prova meglio della destra delle sue capacità intellettuali e teoriche, è diventata un disco rotto. Non ha più niente da dire. Il Partito socialista aveva creduto di sostituire il socialismo con il progetto europeo. Tenuto conto di ciò che è l’Unione europea, tutto questo non ha fatto che accelerare il suo passaggio al sistema di mercato. E’ ciò che rileva Gaël Brustier nel suo ultimo libro (A domani Gramsci): “Sottomissione all’ideologia della crisi o richiamo all’ideologia di ieri, la sinistra non inventa più nulla”. Il secondo è che un numero crescente di autori, accademici, scrittori si ribellano per varie ragioni contro i diktat del “politicamente corretto”. Ma parlare di “nuovo pensiero unico” è francamente ridicolo. Se è vero che oggi si constatatano sviluppi significativi e nuove linee di demarcazione, è vero che il ghiaccio ha cominciato a disintegrarsi visibilmente, sarebbe ingenuo credere che si è passati dall’altra parte dello specchio. Qualche rondine non fa primavera e l’ideologia dominante resta più che mai maggioritaria fra gli opinion maker. Che io sappia, nessun professore universitario si è ancora fatto fischiare dai suoi studenti per essersi richiamato all’ideologia dei diritti dell’uomo o a quella del progresso! Così l’egemonia di ieri è sempre in vigore. La differenza è che questa egemonia appare sempre meno sopportabile, perché il divario tra il discorso ufficiale e la realtà non è mai stato così grande.
I sostenitori del “politicamente corretto”, non avrebbero fatto meglio a organizzare la caccia alle streghe?
Il “politicamente corretto” è l’erede diretto dell’Inquisizione, che intendeva combattere l’eresia rintracciando i cattivi pensieri. L’ideologia dominante è anch’essa una ortodossia, che considera eretici tutti i pensieri cattivi. Poiché non ha più i mezzi per confutare questi pensieri che danno noia, si cerca di delegittimarli – non come falsi, ma come cattivi. Questo è il motivo per cui “il campo di chi no fa più dibattiti continua a espandersi” come dice Philippe Muray. Le chiacchiere insipide sui “valori” (“valori repubblicani” contro “valori tradizionali”), hanno sostituito il dibattito sulle vere convinzioni.
Il metodo più comune consiste nel ricondurre ogni discorso allontanandosi dalla doxa mediatica e dall’ortodossia del “già visto” squalificato (il colonialismo e il razzismo, gli “anni trenta”, le ore “più buie”, ecc) . La “riduzione al peggio” (Pierre-André Taguieff) consente infine di giustificare l’esclusione. Questo è esplicitamente il programma di due piccoli inquisitori tra gli altri, Geoffroy de Edward Lagasnerie ed Edouard Louis: “Rifiutare di essere ideologi come interlocutori, certi temi come discutibili, alcuni temi come rilevanti” (sic). Dialogare con il “nemico”, significherebbe riconoscergli il diritto di esistenza. Significherebbe esporsi a una contaminazione. Non si dialoga con il Diavolo. Bisogna quindi demonizzare.
Un altro metodo, di una semplicità biblica, è quello di affermare che le dichiarazioni dissidenti “fanno il gioco del Front national”. Anche in questo caso, le osservazioni in questione, giuste o meno, non importa assolutamente. Ciò che conta è il modo in cui si suppopne possano essere strumentalizzate contro l’impero del Bene. Questo, ovviamente, non inganna nessuno, perché tutti sanno che l’unica cosa che fa il “gioco del Front national” sono le azioni di chi è al potere (per non parlare del divario che si è aperto tra la sinistra e il popolo), ma che importa! Il procedimento è conveniente, è diventato rituale. Pertanto lo si usa senza moderazione. Come se il FN fosse diventato il primo partito della Francia grazie a Zemmour o a Michel Onfray!
Tutti questi sviluppi riflettono veramente uno spostamento “verso destra” del pensiero?
E’ ciò che afferma un certa sinistra e ciò di cui gioisce ingenuamente una certa destra. Si ingannano l’una e l’altra. Prendiamo per esempio l’immigrazione. Per la vulgata ufficiale, se si critica l’immigrazione, è perché si è di destra. Se ciò che si critica si diffonde come oggi avviene diventa quindi la prova di uno spostamento “verso destra”. Ma la premessa è sbagliata, perché si può benissimo criticare l’immigrazione senza essere “di destra”. Ciò che bisognerebbe dire, in realtà, è che la critica dell’immigrazione tocca ora gli ambienti politici più diversi, il che ovviamente non è la stessa cosa.
Bisognerebbe ricordare che, contrariamente a quanto immaginano coloro che non li hanno mai letti, quelli che sono designati sotto l’etichetta assurda di “nuovi reazionari” sono ben lungi dal rappresentare un blocco omogeneo. Eric Zemmour è un bonapartista antiliberale che cerca di parlare nel nome del popolo. Alain Finkielkraut è un conservatore ebreo, nutrito dal pensiero di Hannah Arendt e di Milan Kundera, che si dispera per la “disintegrazione francese”. Michel Onfray è un seguace di Proudhon che rimprovera la sinistra di non essere più di sinistra. Jean-Claude Michéa è un discepolo di George Orwell che rimprova al progressismo sociale d’aver tradito il socialismo. Régis Debray è un repubblicano nostalgico del gollismo e teorico della “videosfera”. Pierre Manent, Marcel Gauchet, Jacques Julliard, Elizabeth Lévy, Natacha Polony, ecc. sono ancora accampati su altre posizioni. Il loro solo punto in comune è d’essere oggi trattati come sospetti. Quando non sono proscritti.
Intervista di Nicolas Gauthier