Una delle storie più suggestive della seconda guerra mondiale è quella dell’estrema difesa di Firenze da parte dei franchi tiratori. Combattenti votati alla morte che per rallentare l’avanzata delle truppe anglo americane, rimasero in città a sparare da tetti e abbaini, contro gli invasori. Il libro “Fascista da morire” di Mario Bernardi Guardi, narra quei giorni di fuoco dal punto di vista di uno dei protagonisti. Ne pubblichiamo un estratto.
Un capo azionista crepa, fulminato sotto Palazzo Pitti. Anche lui, quando gli sparano addosso, quasi non ci crede. O che ci fanno i franchi tiratori nell’abbaino di Palazzo Pitti? O come si permettono? Dio li stramaledica.
Ci fanno quel che gli pare. Sparano. Mi hanno detto che tra loro c’è una bella bruna riccia, figlia di una grande scrittrice fascista, una che si chiama Iolanda, che è ammirata dal Duce e che parlò al telefono con Gentile il 15 aprile poche ore prima che lo ammazzassero. Forse per metterlo in guardia. C’è caso che gli abbia detto, a lui che era generoso e ingenuo: stai attento, professore, non ti fidare dei tuoi colleghi e nemmeno dei tuoi studenti. Soprattutto non ti fidare di quelli che hai aiutato e ti dovrebbero esser grati. Ce n’è in giro gente che ti vuole ammazzare, ognuno con in corpo il suo veleno da sputar fuori. Quelli a cui hai dato una mano, la mano te la vogliono trinciare, per non stringertela più e non dirti più ‘grazie’. E poi sul sangue di un filosofo ci si può far fortuna, costruire una carriera e campare ricchi e onorati.
Una bella donna, Iolanda, con gli occhi neri, e anche la su’ figliola, che si chiama Matilde, è bella e ha gli occhi neri. Tutte e due coraggiose e fasciste: ma Iolanda da principio non voleva che lei si imbarcasse in questa tempesta. Basto io, le ha detto. Risposta: in due è meglio, visto che su babbo non possiamo contare. Babbo ‘un sembra neanche il mi’ babbo e il tu’ marito. O quando mai è stato fascista lui? Monarchico, sì, bella roba. Sono nemici, i monarchici, sono i peggiori, hanno intrappolato il Duce, che è stato un po’ bischero ad andare dal Re. O Duce, t’ho detto bischero, è tutto amor che cresce, lo sai!
La riccia ha deciso e mamma alla fine è d’accordo, tanto non la poteva mica incatenare. Portati bene, fatti onore, le dice. Non ti buttare via, mai. E visto che hai deciso di rischiare la vita, non dar retta mai alla strizza e mandala via quando ti sussurra: scappa! A questo punto, se tu scappassi e venissi a piagnucolare da me perché hai fifa e te la fai addosso, ti direi: l’hai voluto, ora è brutto tirarsi indietro. Anche le anime che vanno all’inferno bestemmiano ma ci vanno. Gli tocca: e a te tocca quello che hai voluto. Insomma, vai, e mi raccomando: quando prendete la mira, cercate di beccare quello che si muove, non quello che posa da secoli. La nostra città la dovete rispettare, anche un muricciolo va difeso.
Ha ragione mamma: bisogna difendere tutto, palazzi, case, chiese, le piazzettine, i muricciolini, contro chi li appesta, anche solo passandoci accanto.
La pensa così anche lo Spada. E’ un soprannome e lui ci tiene a esser chiamato così. E’ bianco, roseo e burroso, ma non è un finocchio. Tira di precisione che ce ne son pochi come lui. Ha i riccioli biondi che pare un puttino, un amorino, ma con l’arco e le frecce farebbe poco, mentre col fucile è un franco tiratore da intonargli un peana. So che è uno studente, che ha passione per la storia e che per lui fascismo, risorgimento e repubblica sono la stessa cosa. Mi hanno detto che Gentile gli voleva bene e che quando l’hanno ammazzato, lo Spada ha detto: ti vendicheremo col fucile e con l’esempio. E non era il discorsino di chi vuol far figura, azzeccando le parole giuste che fanno effetto: qui le parole sono le pallottole che spari e quelle che ti becchi.
Nel sogno che ho fatto, me ne arrivavano addosso un fottio ma non so perché il sangue non mi usciva. Dentro mi pareva d’esser tutto sbranato e avevo i buchi anche nella giacca, nella camicia e nei pantaloni. Pensavo: o perché il sangue non esce? Niente. Ho tirato fuori un coltello e me lo sono ficcato nel petto. Niente. Poi è arrivato un partigiano con un secchio pieno di roba rossa e scura, me l’ha versato in testa e sul corpo, ha preso una torcia, me l’ha accostata al capo e mi ha detto: io ti battezzo nel nome di Nessuno. Voleva farmi uno sfregio ma io sapevo che Nessuno era Dio, e nel sogno stavo bene.
“Fascista da morire”, Mario Bernardi Guardi. Editore Mauro Pagliai. pp 204, euro 13.