Lo attendavamo. Un testo mai tradotto in italiano. Ernst Jünger, la Sardegna, il Mediterraneo. Un diario dedicato alla natura selvaggia e agli isolani di San Pietro. Le descrizioni sono flaubertiane, perché lo sguardo dello scrittore è realistico ma, nello stesso momento, lirico. Jünger racconta le onde, gli scogli, le rupi, la solitudine di cose che conservano la loro “potenza prodigiosa.” Il lettore allora scopre il “sacrario della terra” dentro queste pagine mediterranee.
Il soldato-scrittore della Prima guerra mondiale ha, ancora una volta, indicato la strada: la terra conserva il sacro e lo nasconde nelle isole, poi “In ogni viaggio deve essere compreso un pellegrinaggio in senso antico.” E Jünger, con attenzione delicata, fa ciò scoprendo la comunità isolana, fotografata con le parole. Questo è il sentimento dello scrittore per un piccolo mondo, per i suoi abitanti, ossia l’oste Ambrosio o Padrone Gaspardo, uomini incontrati per il tempo del vino o della pesca.
Tutti sono ospitali a San Pietro, “Dove gli uomini vivono ancora con semplicità ci fanno sentire quanto sia un onore se accettiamo di sederci alla loro tavola. E in tal modo l’ospite viene a sua volta onorato.” È la poesia dell’umanità, mentre il viaggiatore rivive la sobrietà del cuore e incontra “tutti come una grande famiglia.” San Pietro è un ritorno al mondo dei padri, al mare, alla sicurezza arcana dei luoghi; ed è come un ‘ritorno al bosco’, ad una pace interiore. Il personaggio principale qui è la natura eroica. Poi, con l’esattezza dei fatti, si accentua un ambiente in cui la tradizione salva gli uomini, li acquieta, li fa spontanei.
I camerati dell’isola sono “vestiti a festa.” I loro figli sono eleganti, “Indossavano abiti di velluto blu, calzavano scarpe eleganti, portavano guanti, orologi da polso,..” Il passeggio domenicale, il decoro sardo, l’amicizia leale, il rispetto per gli altri, nella magia della luce mediterranea: così Jünger osserva il tutto da sociologo. Il suo sguardo è vivo – è quello di uno scienziato – e ha la curiosità del botanico. Pertanto, è toccante la descrizione di un geranio scoperto lungo i terrazzamenti, “Ce ne sono di due tipi, uno di un ardente rosso scuro e l’altro di un rosa tenero, con il cuore del calice screziato di nero, un po’ come un geranio inglese.”
Ecco un’altra volta l’atmosfera jüngeriana: la ricerca di una terra migliore; il raccontare e difendere una comunità lontana come se fosse la propria; l’aver trovato l’isola, gli animali e i fiori con cui continuare a sperare. Infondo, per tale visione, pure riecheggiano i motivi del romanzo “Sulle scogliere di marmo.” Lo scrittore tedesco, che ha visto esplodere due volte l’Europa, narra così un destino di saggezza e di viaggi.
Ora bisogna scrivere che questo libro è un ricchezza recuperata, perché ha la chiarezza dell’indagine antropologica tagliata dalla luce di descrizioni flaubertiane. Per questo appaiono intense le ritualità dell’isole: i funerali nel “sole accecante”, i legami atavici con le barche, l’onore per il proprio mestiere. L’anima è stanca ma spinge l’uomo a risalire sulla scogliera. I canti per la pesca al tonno già volano in alto. E lo scrittore deve salire sulla barca, deve andare dove il mare è tragico, deve osservare “la mattanza, la carneficina” e raccontare tutto, “Era il risvolto mortale, l’eco mortale delle pinne vigorose che battevano sul fondo di legno di grosse barche. Là moriva, soffocava, finiva tra i raggi di sole il pesce meraviglioso.”
*“San Pietro (1957)” di Ernst Jünger,, fausto lupetti editore, 15 euro