Prima o poi – a costo di buttare anche il bambino insieme all’acqua sporca – dovremo pur liberarci di questo fuorviante termine – Destra – che da due secoli si presta a ogni genere di mistificazioni.
Vogliamo farla finita – una volta per tutte – di smarrirci nei labirinti di quell’autentico zibaldone che inevitabilmente diventa lo sfondo e il contesto di qualsiasi ragionamento quando si tenta di usare la parola “Destra” come una bussola nel mare delle idee, delle visioni del mondo e delle correlate opzioni politiche?
Non voglio mettermi a fare il maestrino, ma vogliamo ricordare una volta per tutte che anche semanticamente la parola “Destra” nasce con la Rivoluzione Francese? Con la convocazione degli Stati Generali del 1789? Che essa quindi è integralmente inscritta nel perimetro della Modernità, dato che la Rivoluzione Francese – dalla presa della Bastiglia al Terrore, ma anche nella fase bonapartista e di presunta restaurazione – è il momento fondante della Modernità, così come si era venuta definendo lungo il secolo precedente, dalla fine del 1600 alla metà del ‘700, attraverso il Contrattualismo (Locke soprattutto), l’Illuminismo, la Rivoluzione Industriale?
Charette, Jean Cottereau, De Maistre, non sono “di destra”: sono monarchici e contro-rivoluzionari.
Egualmente definire “di destra” i pensatori tradizionalisti e nemici della modernità, è stupido e destinato esclusivamente a creare equivoci.
E i fascismi (quello dell’Universale, non lo sclerotico regime clerico-conservatore in cui di fatto si sostanziò il governo di Mussolini) – quel perfetto anticorpo della modernità generatosi nel cuore della modernità stessa – sono “di destra”? Certamente no. Essi cercarono di affermare un modello partecipativo, economico e sociale, alternativo rispetto ai due grandi esiti della Modernità nel campo dell’economia (o forse dovremmo meglio dire della filosofia economica): il Capitalismo e il Comunismo, tracciando una via eterodossa che (basta rileggersi il “Processo alla Borghesia” per convincersene), ha piena consapevolezza di essere in contrapposizione con quel miscuglio di luteranesimo e di giacobinismo che è il fondamento del cosiddetto Occidente nel XX secolo: quantomeno di quell’Occidente massonico uscito vincente da Versailles e ormai già consegnato a una inevitabile egemonia americana.
Dunque, nel momento in cui il trionfo solipsistico del capitalismo come modello autoreferenziale di accumulazione della ricchezza a beneficio dei pochi e dei potenti, dei poterei transnazionali e delle cabale finanziare, ne dimostra il totale fallimento come modello economico conciliabile con il benessere dei molti e del bene comune, nel momento in cui il comunismo di stato mostra la corda perfino in Cina (per incapacità a dotarsi di un modello davvero generalizzato di distribuzione della ricchezza), torna d’attualità un modello sovranista e insieme profondamente democratico, sociale e indifferente alle sirene del profitto per il profitto, che con la “Destra” non ha niente a che fare e che ha tutto a che fare con il ripudio della Modernità per come si è espressa in questi due secoli. E non tiratemi in ballo la Famiglia, la Patria, la Parrocchia. Anche i valori civili e spirituali hanno molto a che fare con il dilemma Modernità/Tradizione e niente affatto con etichette legate alla collocazione sui banchi di una Assemblea che era già la plastica rappresentazione di una scelta di campo per la Modernità.