“Prove tecniche di trasmissione fra politica e cultura. Alla ricerca di un terreno comune”: questa l’idea di fondo che ha riunito, nell’ambito di “Atreju 2015”, una nutrita pattuglia di “artigiani della penna” – l’immagine è di Aldo Di Lello – saldamente collocati “a destra”. A Fratelli d’Italia, nello specifico ad Andrea Delmastro, responsabile per la cultura di FdI, che ha coordinato gli interventi, va il riconoscimento di avere voluto l’incontro, finalizzato a ricucire un dialogo (ed una possibile collaborazione) tra politica e cultura, dopo tante incomprensioni, errori ed occasioni mancate.
Più che di “manifesti sui principi” (quanti ne sono stati prodotti e che fine hanno fatto ?) si tratta di trovare un “metodo”, che non confonda i rispettivi ambiti, creando un valore aggiunto: quello di legare la capacità sintetica della politica a visioni più profonde, di unire le necessità del giorno per giorno alla consapevolezza delle ragioni della crisi epocale entro cui siamo immersi, di coniugare la sfida contingente alle proposizioni di più ampia portata .
Gli argomenti su cui incontrarsi e discutere – si è visto ad “Atreju 2015” – non mancano: dai contesti geopolitici al gap demografico, dall’inadeguatezza delle vecchie scuole socio-economiche al riassetto costituzionale, dalla declinazione del “sovranismo” alla ricomposizione identitaria delle nostre comunità. Per poi, nello specifico, ridefinire il racconto italiano, inventando parole e suggestioni in grado di competere con quelle correnti. Tutto questo mentre su fronti culturali apparentemente lontani emergono assonanze inusuali e condivisioni di fondo, che sollecitano letture meno scontate della realtà ed invitano ad una maggiore curiosità intellettuale.
Se è vero che c’è – come è stato detto ad “Atreju 2015” – una destra diffusa molto più ampia del suo bacino elettorale è anche vero che c’è un contesto culturale molto più ampio di quello tradizionalmente “di destra” a cui si può guardare, con cui dialogare e costruire “fronti” comuni.
Il possibile rapporto politica-cultura non è allora solo questione di “piattaforme programmatiche”, ma qualcosa di più ampio e complesso. E’ la condivisione di una lettura non banale della realtà. E’ critica radicale. E’ capacità di creare suggestioni. Certo non può essere la “museificazione” di una grande tradizione culturale.
Uno spiraglio più che una porta spalancata quello che abbiamo visto ad “Atreju 2015”. Uno “spiraglio” perché comunque l’ “Assemblea degli intellettuali” ha manifestato la volontà di costruire, a destra, un percorso comune tra politica e cultura. Ora però si tratta di fare sì che questo “spiraglio” si trasformi in un varco salutare, capace di creare positive “contaminazioni” ed inusuali opportunità di lavoro politico e culturale. La partita è aperta. Importante è non perdersi di vista, con il rischio di ritrovarsi, magari tra un anno, a discutere degli stessi argomenti.
Mario Bozzi Sentieri