“I pochi morti tra i “resistenti” e tra i militari germanici dimostrano la marginalità degli scontri a Napoli nel quadro generale della guerra*”. Le parole di Fabrizio Carloni, storico e firma del Roma, sui moti napoletani del settembre 1943, dipingono una realtà molto diversa da quella tramandata dalla storiografia post bellica. Diversa anche dall’iconografia cinematografica degli anni Sessanta, che con le Quattro giornate di Napoli di Nanni Loy propone al pubblico una vicenda umana, dal forte connotato popolare (e operaio), nel quale la guerra ai tedeschi invasori si mescola ad un desiderio di riscatto, sociale e politico. Interpretazioni? Forse, ma a settantadue anni di distanza il mito del prodromo resistenziale alle falde del Vesuvio potrebbe incrinarsi.
Settembre ’43 “Negli scontri che si verificarono – spiega Carloni – a Napoli tra l’otto settembre ed il primo ottobre 1943, si devono identificare due fasi: la prima, immediata, costituita dalla resistenza opposta da pochi militari, soprattutto Carabinieri Reali, ai tedeschi incattiviti dall’uscita dell’Italia dall’alleanza e con la necessità di garantire le retrovie del fronte di Salerno; la seconda, finale, concretizzatasi nell’attacco ai magazzini del Regio Esercito, della Regia Marina, dei vari comandi militari ed agli Ospedali Militari cui partecipò la folla dei vicoli. La Resistenza al Vomero, al Museo, al Ponte della Sanità fu costituita da una rete slegata di episodi secondari di una guerra terribile”.
La testimonianza. Ciò che racconta il giornalista del Roma è stato affrontato anche da Enzo Erra, politico e scrittore che, in Napoli – Le Quattro giornate che non ci furono (Longanesi, 1993), ha fornito un quadro meno eroico e, davvero, più popolare dei moti del ’43 in città. E proprio da quel popolo in fermento, arriva per Carloni la testimonianza che suffraga le sue ricerche, quella della signora Titina Addabo, allora giovanissima: “la molla che spingeva gli assalitori era la fame; ben lubrificata dalla consapevolezza del fatto che gli americani e gli inglesi erano arrivati alla Ferrovia (piazza Garibaldi) e che i tedeschi stessero, in ritirata, a Melito (Comune a nord di Napoli e sulla strada per Roma, nda)”.
Ma, allora, le famose Quattro giornate sono realtà, o un capitolo di Storia ancora da analizzare? Secondo Carloni “la battaglia di Varsavia** dell’agosto-ottobre 1944, con decine di migliaia di caduti tra le parti coinvolte e la distruzione della città, fu una rivolta degna di passare alla Storia. I marinai dell’Università e di Piazza Borsa, i civili fatti fuori a Giugliano in Campania ed a Marano, furono vittime innocenti del livore dei tedeschi inferociti per il passaggio di fronte di Badoglio e dei Savoia”.
Fame, misera, disperazione ed inevitabili conflitti a fuoco, isolati, con le truppe germaniche quando si cerca di accaparrarsi viveri in un magazzino: questa, probabilmente, l’immagine più vicina alla realtà dei fatti… di quel lontano settembre 1943.
*Circa 150 civili e 140 militari. Perdite tedesche, circa 90.
**Polacchi uccisi: 15 mila. Perdite tedesche, circa 10 mila. In un’altra rivolta, quella del Ghetto del 1943, si contarono oltre 13 mila vittime fra gli ebrei di Varsavia.