“Resto fino al 2023”, aveva dichiarato con tono sicuro il sindaco Ignazio Marino, intervenuto alla Festa dell’Unità lo scorso giugno, di fronte ad un sparuto gruppo di sostenitori.
Il sindaco dem, inspiegabilmente certo del perpetuarsi della sua dinastia, aveva persino intimato alla “destra” di “tornare nelle fogne”.
Eppure, già all’epoca, una cosa era nota. Anzi due: che Marino non fosse più un sindaco apprezzato dai romani e nemmeno dallo stesso piddì. Secondo un sondaggio Swg dello scorso ottobre, infatti, 4 romani su 5 avrebbero preferito un sindaco diverso. Solo il 23% degli elettori avrebbe rinnovato la fiducia all’attuale primo cittadino, mentre, il 75% avrebbe senz’altro scritto un altro nome sulla scheda.
A render ancora più drastico l’esito di un sondaggio definito, non a caso, “killer” c’è poi una circostanza, il suo committente era proprio il piddì.
Una situazione drammatica per il chirurgo genovese, messo spalle al muro persino dai suoi, ulteriormente precipitata in vista del Giubileo straordinario.
Arriva un nuovo sindaco? Nì, più precisamente si tratta del commissariamento “light” di Roma, definito così perché, se da un lato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti ha dichiarato che “non c’è nessun commissariamento di Roma ma un ruolo di raccordo del prefetto di Roma analogo a quello esercitato da quello di Milano con riferimento all’Expo”, dall’altro, conferisce al prefetto Gabrielli poteri speciali su questioni nevralgiche. Saranno infatti i settori definiti “più compromessi” quelli interessati dal piano di risanamento del prefetto: campi rom, emergenza abitativa, immigrazione, dirigenti collusi con Mafia Capitale, verde pubblico e ambiente, appalti e contratti comunali.
Pensare che la fine di questa Amministrazione poteva esser l’avveramento del sogno democratico per molti romani, eppure, è una vittoria di pochi. E alla città che reclamava un sindaco credibile, dopo il polverone di Mafia Capitale, è stato abilmente affibbiato un guaritore.
Quel gaffeur del primo cittadino e la sua Giunta vengono esautorati dei loro poteri, tanto quanto i romani della loro aspirazione, quella di scegliere un nuovo rappresentante e una nuova classe dirigente. Sono due non eletti, Renzi e Alfano, e non il popolo sovrano ad “eleggere” Franco Gabrielli a guaritore dell’Amministrazione.
Marino, nel frattempo, mette la testa sotto il mar dei Caraibi. Che suona un pò come l’equivalente radical chic della vecchia fogna. Sarà questione di contrappasso.