Forte e importante la provocazione di Franco Cardini editata ieri da “Barbadillo” — l’ottimo laboratorio on line diretto da una bella intelligenza come Michele De Feudis — sulla questione immigrazione e dintorni. E densa e problematica la risposta del bravo Adriano Scianca su “Il Primato nazionale”. Finalmente un po’ d’aria fresca.
Il professore — da buon ”maledetto” toscano — ha sciabolato con raffinata crudeltà, infilzando leghisti e destristi, buonisti e xenofobi. Con qualche sconto e alcune dimenticanze.
Andiamo per ordine. Il grande storico ha asfaltato senza fatica la coppia Salvini&Calderoli e il loro armamentario. Non era difficile ma lo sforzo, alla fine, risulta abbastanza inutile. Con buona pace dei neo “leghisti immaginari”, i padanisti sono rumorosi, a volte simpaticamente provocatori ma rimangono legati al primitivismo politico delle origini. Matteo Salvini è un ottimo professionista, un abile tattico, uno spregiudicato mattatore mediatico, un lettore vorace ma nulla di più. La Lega è uno strumento talvolta micidiale sui tempi brevi ma è incapace di pensieri lunghi, di costruzioni articolate, di progetti storici.
Come narra la loro vicenda, ogni volta che i seguaci del dio Po si sono avvicinati al mondo della cultura sono andati in corto circuito. Inevitabile. La realtà leghista è una tavolozza di interessi localistici, proteste fiscali (sacrosante…), battaglie settoriali, anti europeismo urlato e, soprattutto, tante furibonde liti interne per la primizia. Non basta una spruzzata d’antirisorgimentalismo (Papi re, principini e granduchi sono merce scaduta…) o qualche appello al federalismo (un fallimento completo) e neppure una rilettura incompleta e monca di autori eretici come de Benoist, per convincere e governare una nazione complessa come l’Italia. Gli orizzonti padani si limitano forzatamente alla critica (giustificata) alla burocrazia di Roma e Bruxelles e all’invocazione della “santa ruspa” come risposta all’invasione. Nulla di più, nulla di meno.
Diverso il discorso sulla destra politica. Qui Cardini coglie in pieno. Ha ragione il professore quando guarda sconsolato «il vecchio MSI, eutanasizzato una ventina di anni fa, metabolizzato in Alleanza Nazionale, quindi vampirizzato dal vecchio Berluska, poi quasi rinato dalle sue ceneri con i Fratelli d’Italia ma che ormai dalla Lega si lascia trascinare più o meno vivacchiando: ed è un vero peccato, in fondo, perché Giorgia Meloni, per esempio, è una che la politica la fa seriamente e decorosamente, e come leader sarebbe molto più presentabile di altri. Ma tant’è: forse non urla e non minaccia abbastanza».
Tutto giusto, o quasi. Il problema non è urlare e minacciare, ma ragionare. Per poi, analizzare, studiare, riflettere e, infine, fare sintesi e progetto. Il problema è immaginare un partito non come una somma di comitati elettorali ma bensì come un’intelligenza organizzata capace di pensieri lunghi, di “grande politica”.
Davanti ad eventi centrali e tragici come la catastrofe umanitaria del Mediterraneo, il tracollo del Medio Oriente, l’implosione dell’Africa, una forza politica seria s’interroga e interroga e delinea un’ipotesi di lavoro. Per poi, con pazienza e determinazione, cercare di coinvolgere analisti, esperti, operatori — penso, ad esempio, allo stesso Franco Cardini e poi a Sergio Romano, al Nodo di Gordio, alle riviste di geopolitica, ai settori sani del volontariato — e, assieme a loro, costruire un piano alternativo e credibile.
Punti di partenza ed esperienze positive — Cardini dovrebbe ricordarlo…— a cui ricollegarsi (superandole e aggiornandole) vi sono. Penso agli anni Ottanta, ai convegni del FdG milanese, romano e siciliano sul Mediterraneo, alla festa di Siracusa imperniata sul confronto Nord Sud, agli scritti di Pino Rauti e Beppe Niccolai, al lavorio profondo della Nuova Destra italiana e francese. Allora tentammo, con curiosità e qualche ingenuità, una riflessione sui motivi profondi di un sommovimento epocale già annunciato. Basta leggere.
Purtroppo nulla sembra muoversi a destra. La goffa polemica su Pietrangelo Buttafuoco, la subalternità a ritmi alternati al leghismo più becero, l’attenzione inutile ai sondaggi farlocchi di Libero, l’occidentalismo più ottuso lo confermano.
Nonostante le tempeste di fuoco sempre più vicine, da queste parti nulla sembra esser cambiato dai tempi della guerra del Golfo quando gli imbecilli applaudivano — confondendo panarabismo con fondamentalismo e altri fattori per loro troppo difficili da capire… — i bombardamenti sull’Iraq laico di Saddam.
Ancora una volta si preferisce seguire l’onda, piuttosto che affrontare il grande mare della storia. Risultato: ruspette e fiammette tricolori.