Vietato uscire è l’unico racconto di genere fantascientifico scritto da Pierre Drieu la Rochelle. Uscito in veste singola negli anni trenta, fu poi inserito nella raccolta Diario di un uomo tradito del 1934. In realtà, fantascientifica è solo la cornice del racconto, il suo significato è piuttosto simbolico, si tratta di un vero e proprio apologo sulla nostra società in declino, che descrive la lotta dell’immanenza contro il misticismo, della morale chiusa contro la morale aperta (ricordiamo che lo scrittore francese ascoltò le lezioni del filosofo Bergson). Drieu immagina che si fronteggino e si combattano senza esclusioni di colpi due associazioni, Altrove e Quaggiù, che, a ben guardare, sono i due poli opposti, le due linee – orizzontale e verticale – che si intersecano e non possono mancare nell’uomo e nella civiltà, pena la riduzione ad una sola noiosa alienante dimensione. Il costituirsi dell’associazione Altrove in seguito alla mancanza di notizie seguita all’invio di alcuni razzi nel cosmo (evento posto profeticamente da Drieu nel 1963!) ridestò gli animi, “sembrò che il mistero potesse essere la nutrizione degli umani, mistero che suscita nel contempo dubbi e speranze, spregio ed esaltazione”. Sennonché il prevalere dell’associazione Quaggiù finisce per delineare lo scenario di una società dominata dalla noia, e dalla demonìa dell’economico, da “un futuro che chiude lo spazio e blocca il tempo. Il divieto di fuga è l’inizio dell’involuzione e forse della fine della razza umana.” (Massimo Del Pizzo).
Il racconto è stato pubblicato qualche tempo fa dalle edizioni Via del Vento in un volumetto che raccoglie oltre Vietato uscire anche La voce, entrambi tradotti per la prima volta in italiano dal prof. Massimo Del Pizzo, docente di letteratura francese presso la Facoltà di Lingue di Bari, che ha curato anche la postfazione. La Voce ha per protagonista Gille, un nome spesso usato da Drieu nei suoi racconti e nei suoi romanzi quasi a voler sottolineare una identificazione tra scrittore e personaggio. In realtà, nel racconto, di Gille, di questo giovanotto trasognato, inquieto, in fuga da sé e dagli altri, “cordiale discepolo del sole”, che si lascia andare “al corso spossante delle passioni”, ne parlano due suoi amici. Il senso della decadenza e della morte, dell’oblio che investe “la terra con una sola onda vasta e lenta”, dominano il racconto ambientato in una Roma, che sembra esercitare un fascino pernicioso, dove “una bellezza d’ombra si innalzava dalle vecchie pietre, voleva catturarlo e trascinarlo verso il miraggio di ciò che è finito”.
E’ senz’altro da rimarcare l’iniziativa editoriale di Via del vento, una piccola e prestigiosa casa editrice di Pistoia che pubblica testi inediti o rari di autori del ‘900 in tiratura limitata di duemila copie, dal momento che negli ultimi tempi sono davvero pochi i testi di Drieu tradotti in italiano. Segnaliamo tra le eccezioni la casa editrice Fazi che ha ripubblicato La commedia di Charleroi, una raccolta di racconti sull’esperienza del primo conflitto mondiale, che Massimo Del Pizzo, giudica “il suo testo più intenso e doloroso, pellegrinaggio sui luoghi lacerati di una memoria bellica frammentata” e le edizioni di AR che hanno ripubblicato recentemente una nuova traduzione del romanzo I cani di paglia.
Personalità affascinante, esponente di punta del romanticismo fascista, diviso fra una vita disordinata e la ricerca d’un ordine personale e sociale, ecologista ante litteram, Drieu nella sua narrativa mescola strettamente fantasia e confessione. Nel Diario di un delicato aveva scritto che “la letteratura è solo una forma edulcorata della confessione, della testimonianza”. La decadenza da cui lo scrittore era ossessionato, lungi dall’attenuarsi, si è acuita ed intensificata nel nostro mondo con l’emergere della crisi ambientale. Di qui il fascino e l’attualità di molti dei suoi racconti.