Gli extracomunitari costretti ad accamparsi, nella terra di nessuno, tra Italia e Francia, al confine di Ventimiglia, sono l’immagine del fallimento dell’Europa. La vicenda è nota. La Francia ha deciso di bloccare le sue frontiere impedendo il transito dei profughi, provenienti dall’Africa. Negli ultimi sette giorni, sulle Alpi Marittime è stato fermato un numero record di migranti, 1.439, dei quali 1.097 sono stati rispediti in Italia.
In zona il caos regna sovrano. C’è chi dimora nella stazione della città rivierasca. Chi si accampa sugli scogli. Chi attende lungo le carreggiate. Qualcuno è riuscito ad entrare in Francia lungo i sentieri che tagliano le valli tra Riviera e Costa Azzurra, ingrossando l’elenco dei cinquantamila richiedenti asilo di cui non si sa più nulla.
Un dato è certo, a trent’anni dalla firma del Trattato di Schengen, festeggiato dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e da quello del Parlamento europeo, Martin Schulz, con il quale l’Europa decideva di abbattere le frontiere fisiche tra gli Stati dell’Unione, l’avanzare dell’onda migratoria rende palese l’inadeguatezza delle politiche comunitarie sul tema sensibile dell’emergenza profughi, portando i suoi Paesi membri ad alzare le vecchie barriere, a fare ognuno per sé. L’Italia è sempre più sola. E viste le dimensioni del fenomeno, lo sarà sempre di più perché i problemi restano, malgrado le dichiarazioni rassicuranti del governo, i soliti inviti a “non speculare” sull’emergenza, gli immancabili appelli a non cadere vittime della paura.
Anche “a sinistra” qualcuno sembra cominciare ad accorgersene.
“#Ventimiglia non è il nuovo confine tra #Europa e #Africa ma un ex confine tra #Italia e #Francia” – twitta cinicamente il deputato Pd Dario Ginefra.
Tra Africa, Italia e Francia è urgente capire dove porre, qui da noi, i confini materiali e politici di questa autentica emergenza epocale. I francesi lo hanno fatto schierando, di fronte a qualche centinaio di profughi, la Gendarmerie. L’Italia “accogliente”, di fronte all’invasione di quanti, sui barconi, arrivano a migliaia, ogni giorno, sulle nostre coste, balbetta, mostrando tutte le sue inadeguatezze politiche ed organizzative, laddove un “governo” che sia tale avrebbe dovuto gestire l’emergenza, contingentando i flussi, fissando chiare regole per l’accoglienza e per le espulsioni , innalzando il livello dei controlli.
Niente di tutto questo è stato fatto, mentre l’evocazione dell’intervento europeo resta tale, parole gettate al vento di una bufera di portata epocale, rispetto alla quale – come dimostra il blocco francese – a vincere è chi “agisce”, a costo di stracciare regole e consuetudini che si credevano consolidate.