È finita. Pure l’Espresso formalizza l’esonero di Ignazio Marino e gli chiede, per il bene di Roma, del Pd, della sinistra di formulare le sue dimissioni da sindaco di Roma. Un’era appare finita. Al punto che il giornale titola in copertina “Salviamo Roma”. E nessuno, come diceva la canzone, si senta offeso.
Nell’editoriale di Luigi Vicinanza apparso sullo storico settimanale anche nell’edizione on-line c’è la sentenza definitiva e un consiglio. “Non c’è tattica elettorale che tenga di fronte allo sfascio della capitale. Non c’è calcolo politico accettabile per rimandare una decisione tanto traumatica quanto necessaria. La soluzione peggiore è lasciar marcire nel discredito diffuso anche chi non ha responsabilità, né penali né amministrative”. Niente giustizialismo, vero. Ma nemmeno cecità di fronte a quanto sta vivendo la capitale. Anche al di là del pasticciaccio brutto de Mafia Capitale. “Roma appare una città fuori controllo. In tutti i sensi. Non c’è capitale in Europa così sporca, sciatta, prigioniera dell’incuria. Metropoli cosmopolita e arretrata. La cui Grande Bellezza – potenza evocativa di un Oscar – è assediata da una corona di spine di quartieri periferici, lontani dai palazzi del potere, dove cova un profondo malessere popolare. I barbari di mafia capitale hanno lucrato, come si è visto, sulla raccolta differenziata dell’immondizia come sull’assistenza agli immigrati e ai rom. E il degrado si estende colpevole”.
Accanimento politico-terapeutico non servirà a Marino e nemmeno al Pd. Tanto che Vicinanza, sfidando il senso comune e tutte le massime della politica (specie locale), apre al “tecnico” e scrive: “Se Marino si dimette, invece, apre la strada al commissariamento della città. La persona giusta per ricoprire quel ruolo c’è già. È un funzionario dello Stato schivo e determinato, Franco Gabrielli, da due mesi prefetto dopo aver guidato con successo la Protezione Civile con il recupero della nave Concordia. È il plenipotenziario del premier Renzi a Roma. A lui il compito di riportare ordine e regole nell’amministrazione capitolina. L’Italia guarda sgomenta.