Le elezioni sono pericolose. Pericolosissime. Una roulette russa. Perché? La risposta è banale, tautologica. Può vincere chiunque. E vorrei anche vedere, altrimenti, in punta di etimo, non saremmo in una democrazia. Ammesso che questa la sia. Per cui possono vincere i comunisti, gli anti europeisti e persino i fascisti. È il governo del popolo, bellezza. Funziona così. Non è che se vince la sinistra va bene, ed è il trionfo della macchina perfettamente oliata del suffragio universale, e se vince un barbaro di destra – o un “cretino” grillino – siamo davanti al “baco” della stupenda creatura partorita dai costituenti. Mettiamoci d’accordo. Si mettano d’accordo. Innanzitutto con loro stessi. Perché, tra le righe, un po’ di preoccupazione quando vincono le forze cosiddette “populiste”, traspare sempre. E, badate bene, populista è un adesivo buono da appiccicare sulla giacca di chiunque si voglia screditare.
Ieri si è scomposto il solito Gad Lerner che ha gridato alla deriva “fascioleghista”, ma un po’ di preoccupazione la si vede serpeggiare tra i giornaloni e gli opinionisti. Di quelli che la democrazia è bella solo quando premia chi piace a loro. Se i voti li prendono gli altri c’è sempre puzza di fascismo. Il dito nella piaga lo ha messo anche il Financial Times che, essendo il giornale delle elites, ha messo in luce la vittoria dei partiti anti euro. Ed è giusto, dal loro punto di vista. Anche se, in realtà, il voto leghista è stato un voto molto provinciale e poco anti europeo. Alle Regionali chi vota Lega lo fa per protestare contro i rom che gli scassinano la macchina, non per arginare i burocrati misura cetrioli di Bruxelles. Il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, tra una bastonata e l’altra a Renzi, infila anche un ritrattino molto acido e snob della Lega e dei suoi elettori: “Al sole spento di Berlusconi si è sostituita la stella lepeniana di Salvini, con la forza d’urto del collezionista di paure e inquietudini crescenti nel grande tinello italiano”. Cosa ne sappia di tinelli uno che non è mai uscito dal salotto della sinistra, è un mistero. Ma sicuramente interpreta un clima, un pensiero diffuso in una parte del Paese. Che ha paura della democrazia, più che di Salvini. (da Il Giornale)