Cercasi un Renzi di destra. La sfida l’ha lanciata Angelo Panebianco in un editoriale sul Corsera.
Questa prospettiva implica il superamento dell’assioma berlusconismo=destra. Il superamento, perché la negazione di questo dato di fatto avrebbe la inevitabile conseguenza di affermare che, con le ultime politiche, la destra non esiste più in parlamento e nel paese.
Un Renzi a destra finora non si fatto largo perché alla costruzione di un progetto politico guadagnandosi i gradi nelle piazze e con la buona amministrazione, si è troppo spesso preferito il cammino senza buche della cooptazione da parte del capocorrente di turno, la nomina più o meno ovattata alla consacrazione sul campo di battaglia. Per questo ai volti dei democrat Speranza, Moretti e Orlando, dal centrodestra replicano con Brunetta e Schifani…
Eppure nei territori sono cresciuti cavalli di razza. Senza fare torto a nessuno l’idealtipo del possibile Renzi dovrà essere alla Giuseppe Scopelitti, governatore della Calabria che ha salito tutti i gradini del cursus honorum o alla Flavio Tosi, sindaco di Verona, icona nazionalpopolare. O Giorgia Meloni, ex ministro del Cavaliere, che ha più volte puntato i piedi per chiedere al suo ex partito le primarie. E proprio dalle palestre dei consigli comunali, provinciali e regionali dovrebbe venir fuori l’ossatura di un nuovo partito popolare della destra, solidarista e spietato nel taglio delle prebende della casta e degli sprechi della macchina pubblica.
Alla destra italiana non manca un invito nei salotti buoni della cultura (luoghi spesso intrisi di disprezzo per ogni virgulto popolare) ma un orizzonte ideale e un leader che possa caricarsi sulle spalle la rappresentanza di una visione nazionale e sociale dell’Italia, alimentando la coesione tra classi e blocchi produttivi e spingendo l’acceleratore sul tasto delle indispensabili riforme per rendere lo Stato più efficiente. Urge riscrivere il perimetro culturale di questa area politica, indicando una prospettiva di governo con programmi e tesi economiche che possano temperare gli eccessi del mercatismo.
Sulle responsabilità della vecchia classe dirigente di centrodestra nell’aver lasciato macerie culturali e politiche si è scritto molto anche su Barbadillo, ma bisogna considerare un segnale incoraggiante che proprio il Corsera abbia riconosciuto questa emergenza. Perché il rischio, oltre alla disaffezione dalla politica delle nuove generazioni (attratte dal vaffa di Grillo), è che l’Italia affondi impantanata tra beghe di ballatoio, querelle sull’antifascismo, rigurgiti giustizialisti, ossessioni neoliberiste, morbose curiosità per bunga bunga e dintorni, dimenticando che la priorità è costruire un futuro della nazione affermando il primato della civilizzazione italiana.
@waldganger2000