«L’indipendentismo è stato realtà per secoli in Sicilia. La Sicilia era uno Stato secoli prima dell’unità d’Italia. La storia parla di Sicilia indipendente già dai tempi di Ducezio e siamo nel 465 avanti Cristo. Durante la dominazione sveva, poi, eravamo uno Stato preso a modello da tutto il mondo, basti pensare al primo parlamento della storia d’Europa che fu appunto quello siciliano». Che dire, Fabio Cantarella è sicuramente un eclettico. Nato sotto le insegne della fiamma, è oggi vicesindaco a Mascalucia, comune del versante sud etneo. Ma è anche uno sportivo, un avvocato e un giornalista dalla chiara vocazione antimafia. Ultimamente cura la comunicazione regionale di Noi con Salvini, ma è anche autore di L’indipendentismo siciliano tre mito e realtà per la Mare Nostrum edizioni. Ovvero, il tentativo originale di raccontare il Novecento dell’Isola fuori dagli schemi ufficiali.
Pensando alla vicenda del Muos, non mi pare che l’Isola sia, almeno culturalmente, indipendente. O lei ha un’idea diversa?
Oggi parlare di indipendentismo vuol dire non comprendere che la realtà siciliana non è più all’altezza di autodeterminarsi. Abbiamo una classe politica in parte incapace e troppo poco interessata alle sorti dell’Isola. Poi c’è l’apparato burocratico che non è capace neppure di accedere al meglio ai fondi europei. Oggi non abbiamo più la cultura per poter essere indipendenti. Dobbiamo tornare a studiare e a innamorarci della nostra meravigliosa isola.
Magari partendo dall’esempio di qualche eroe. Ma è difficile scovarne qualcuno, non trova?
Antonio Canepa lo è senz’altro. Si tratta di un uomo coraggioso che s’è battuto per un ideale. Poteva vivere tranquillamente con le sue docenze universitarie e invece ha sentito il dovere di giocarsi il tutto per tutto in un momento storico che rappresentava l’ultima occasione per una Sicilia indipendente. Venne ucciso in circostanze poco chiare, un po’ come in tutti quei delitti di Sicilia contro la Sicilia. C’è sempre l’ombra della commistione tra mafia, stato deviato, servizi deviati. Una storia che si è ripetuta spesso dalle nostre parti…
Pietrangelo Buttafuoco in Buttanissima Sicilia dice che l’Autonomia è la melma entro cui navigano i peggiori mali dell’Isola. Condivide?
Assolutamente no. L’Autonomia è, nel suo complesso, uno strumento per esaltare le peculiarità di un territorio. E chi meglio di chi vive in quel territorio, conoscendone pregi e limiti, può deciderne le sorti? Guarda in che pessime condizioni sono i settori che dovrebbero essere strategici per la nostra isola: pesca, turismo e agricoltura. Questa è la conseguenza di uno Stato che ha guardato ad altri interessi, preferendo la Fiat ai nostri agrumi per dirne una. Una forte Autonomia con poteri illimitati su questi settori avrebbe sicuramente dato risultati differenti.
Ma l’Autonomia è anche Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta…
Personalmente, reputo Crocetta il peggior governatore della storia di Sicilia. Urla rivoluzioni, ma stiamo peggio di prima. Renzi gli ha anche commissariato l’assessorato più importante, quello al Bilancio, imponendo il toscano Alessandro Baccei. I politici siciliani non hanno quell’orgoglio di essere siciliani che li dovrebbe animare.
Veniamo alla sua storia personale. Qual è il punto d’incontro con il padano Matteo Salvini?
Credo che l’avvicinamento a Salvini sia del tutto naturale per un uomo di destra. Sovranità, identità, autodeterminazione dei territori all’interno di uno Stato che esalta le differenze interne, sicurezza, certezza della pena, difesa della famiglia e del ruolo naturale dei membri di essa: sono tutti temi cari alla destra. Ma soprattutto sono temi cari alla maggioranza degli italiani. Questo mi sento di dire agli italiani e ai siciliani: prima di giudicare Matteo Salvini e il suo progetto politico, almeno ascoltatelo scevri da condizionamenti.
C’è un però. Indipendentismo, Autonomia, localismo, sono un modo di declinare storicamente l’antifascismo più specificatamente anticentralista. Non c’è un paradosso nella vostra proposta?
Sì è vero, però dobbiamo distinguere il fascismo, la sua l’ideologia, dagli uomini che la misero in pratica.
Si spieghi meglio?
L’eredità del fascismo fa ancora parlare di sé e in bene: leggi, codici, organizzazione delle categorie produttive, politiche sociali, architettura, educazione, disciplina, etc etc. Gli uomini, invece, li boccio: hanno offerto un pessimo esempio di fascismo commettendo crimini, dichiarando guerra, spesso tradendo gli italiani nell’applicazione pratica di quella medesima ideologia in nome della quale avevano ottenuto la loro fiducia.
Per capirci meglio, se dico patria lei che dice?
Sicilia.