«Sorridete!», perché «una nazione più felice è anche una nazione più produttiva». Sembra un’esortazione presa direttamente dal kit di uno yuppie fuori tempo massimo e invece è una delle idee alla base dell’iniziativa partita dalle Nazioni Unite per promuovere a livello globale una giornata dedicata, ebbene sì, al sorriso. A quanto pare, infatti, oggi è proprio la “Giornata Internazionale della Felicità”. E sarà così per tutti i 20 marzo a venire. La decisione è stata deliberata dall’Assemblea generale dell’Onu (l’organizzazione dove ha lavorato per tanti anni l’attuale presidente della Camera italiano) su proposta del Regno del Bhutan. Ebbene, questo appuntamento – fanno sapere – è stato votata all’unanimità dai rappresentanti dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite. L’idea, spiegano sempre dall’Onu, è nata da una “scoperta”: i soldi non fanno la felicità. Anche il messaggio del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon è una chicca di originalità: «Felicità è aiutare gli altri. Quando con le nostre azioni contribuiamo al bene comune, noi stessi ci arricchiamo. È la solidarietà che promuove la felicità».
Insomma, se avete beccato, durante la giornata, sconosciuti sorridere senza un apparente motivo, adesso sapere il perché: è l’Onu che l’ha voluto. In effetti, già da domani mattina, tanti motivi per sorridere non ce ne dovrebbero essere. Per lo meno in Italia. Alcuni dati? Il primo lo dà Mario Draghi, presidente della Bce, che spiega come la crescita della produttività italiana è ferma da dieci anni, l’ultima tra le principali economie Ue. Veniamo, poi, a un altro record negativo: in Italia la stretta del credito registra il 3% (peggiore solo la Spagna).
Il Censis, da parte sua, ha presentato un quadro choc per il Mezzogiorno: aumenta, secondo l’istituto di ricerca, il divario dal Nord e si riducono allo stesso tempo le speranze di ridurlo in tempi brevi. Se prendiamo i redditi, poi, al Sud risultano più bassi che in Grecia mentre, a livello nazionale, una famiglia su quattro è in condizione di povertà. E il fantomatico Pil? Tra il 2007 e il 2012 si è ridotto il tutta Italia del 5,7% mentre, sul fronte dell’occupazione, dei 500mila posti persi in Italia, ben il 60% ha riguardato il Mezzogiorno.
Non solo. Su Repubblica di oggi troviamo un reportage che registra come in Italia ci siano intere vie degli acquisti che chiudono. Avete capito bene: da Torino a Palermo non chiudono solo i negozi, ma intere strade – una volta dedicate al commercio – abbassano la saracinesca. L’Italia delle 167 imprese chiuse al giorno. E che dire delle notizie che giungono dalla Bridgestone di Modugno? Da Almaviva di Roma, di Catania? Centinaia di operai che rischiano il posto di lavoro perché le aziende arbitrariamente scelgono di delocalizzare. Stesso discorso vale per i ciprioti, per i greci, per gli spagnoli. E tra un po’ varrà anche i francesi. Ma oggi, per lo meno, una risata se la sono concessa tutti. Ce l’ha chiesto l’Onu. Che ci ha fatto capire che esiste e per cosa esiste.