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Home Libri

Libri. “Missione incompiuta” di Prodi: quando Bossi lo voleva nella Lega

by Redazione
16 Aprile 2015
in Libri
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ROMANO-PRODILa cospirazione dei 101, le guerre interne al Pd e la rivalità con Berlusconi: ecco tre dei tanti temi trattati da Romano Prodi nel libro-intervista con Marco Damilano, “Missione incompiuta (Laterza, pp. 192, 12 euro). Tra le chicche la proposta di impegnarsi in politica giunta da Umberto Bossi all’inizio degli anni novanta (lo voleva nella Lega), e il rapporto con Beppe Grillo (con il quale “rivedeva” i copioni degli show).

La congiura contro Prodi al Quirinale

«L’esito del voto segreto lo avevo rigorosamente previsto, anche se con qualche voto negativo in meno (…) Nessuno può notare alcun cambiamento nei miei comportamenti dopo il voto dei 101 che, in realtà, sono stati quasi 120 (…). So di aver ricevuto un concreto numero di voti sparsi qua e là al di fuori del Pd, tra centristi, grillini e truppe sparse. E so che hanno votato per me un certo numero di miei antichi studenti (…). Molti hanno paura di votare per me. Hanno bisogno di qualcuno che garantisca una “controllabilità” assoluta. Io la controllabilità non la garantivo e non la garantisco”.

Il ruolo presunto del Pd

“Senza l’Ulivo non ci sarebbe stato il Pd. In questo senso si può dire che il Pd ne e figlio. Un figlio che ne ha ereditato l’obiettivo di mettere insieme tutti i riformismi. Questa è l’eredità dell’Ulivo, ma il Pd la valorizza a giorni alterni. Può essere un’interpretazione dell’Ulivo affermare che i sindacati non vanno ascoltati e che tutti i corpi intermedi, nessuno escluso, vadano di- strutti o indeboliti?». «L’idea del Partito della Nazione non è compatibile con il bipolarismo. È una contraddizione in termini. Nelle democrazie mature non vi può essere un Partito della Nazione”.

La rivalità con D’Alema

«Molti dei nostri leader non cre- devano minimamente nella nostra vittoria. Ho sentito con le mie orec- chie da dietro un paravento la frase “Lasciali andare quei due lì, che vanno a sbattere”, pronunciata da uno dei massimi dirigenti nei confronti miei e di Walter Veltroni». «Gargonza è stato un evento drammatico (…) D’Alema diede battaglia in modo esplicito, fu un discorso che aveva l’obiettivo di dividere. (…).C’era una sola spiegazione: era nata la paura che il governo potesse durare a lungo e permettere perciò la nascita del partito dell’Ulivo. (…) Ma se ci avesse lasciato governare per cinque anni, penso che sarebbe stato proprio D’Alema il naturale e duraturo successore”.

Il governo D’Alema

“Io mi sono completamente messo fuori dal gioco e alla fine ho trovato normale che arrivasse D’Alema (…). Lui aveva più probabilità, rispetto a me, di formare una maggioranza che comprendesse anche Mastella”. (Subito dopo, Prodi venne nominato presidente della Commissione europea). “D’Alema fu molto attivo: si malignò che così mi levavo di mezzo,ma non ho mai creduto a questo (…). La mia chiamata a Bruxelles non fu opera italiana, ma una proposta di Schroeder, appoggiata da tutti coloro con i quali avevo lavorato in precedenza a partire da Kohl, Chirac e Blair”.

La sconfitta dell’Ulivo? Non averne rafforzato la struttura partito 

“L’Ulivo non ha fallito. È stato sconfitto (…). La debolezza dell’Ulivo fu quella di non rafforzare adeguatamente l’aspetto organizzativo-partitico,per cui alla fine i vecchi partiti e le vecchie correnti ne hanno indebolito le radici. Un errore grande. Il mio personale errore po- litico che oggi mi rimprovero è di non aver deciso di costruire un par- tito veramente nuovo, che si fon- dasse su queste basi. Lo si doveva lanciare dopo la notte delle prima- riedel2005.(…). Lo riconosco, è stato il mio errore più grande, ma solo visto a posteriori”.

La sopravvivenza di Berlusconi, garanzia della durata del governo Renzi

“Non vedo ancora l’uscita di scena. (…) L’indebolimento di Berlusconi è una forte assicurazione per la vita del governo. La sua scomparsa gli creerebbe troppi problemi”.

Redazione

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