«Quest’aula darà ascolto alla sofferenza sociale di una intera generazione» ha detto. E ha rivlto il suo pensiero «ai troppi morti senza nome nel mar Mediterraneo», un mare «che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni». Poi, dopo un ringraziamento al suo predecessore, Gianfranco Fini, e al Presidente della repubblica Napolitano, a cui ha rivolto «saluto rispettoso e riconoscente» e che ha definito «custode rigoroso dell’unità del paese» ha promesso che sarà «presidente di tutti, anche di chi non mi ha votato». Ma non prima di prendere l’impegno di dare «piena vita a ogni diritto e ingaggiare una battaglia vera contro la povertà e non contro i poveri.
Un discorso roboante, dai toni magniloquenti e dai grandi propositi: forse un po’ eccessivi dato che le gambe su cui si regge questo nuovo Esecutivo sono fragilissime. Ma tant’è, al motto di “sono qui dopo anni a difendere gli ultmi” si è presentata così Laura Boldrini, nuovo presidente della Camera, eletta con 327 voti, solo 17 in più rispetto alla maggioranza richiesta.
Sarà l’effetto “papa Francesco” ma sembrava davvero di sentire un discorso post-Conclave. E invece a parlare è Boldrini, 51 anni, già funzionario e portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, terza donna a ricoprire la carica dopo Nilde Iotti e Irene Pivetti. Impegno, questo all’Onu, che il neopresidente ha ribadito più volte nel suo discorso e che l’ha vista, negli anni, al centro di molte vicende. Famosa, ad esempio, la sua invettiva da pasionaria – «Ostacolano il diritto d’asilo» – quando criticava i respingimenti italiani dalle coste del Mediterraneo. Peccato, però, che quando ciò veniva fatto dalla Francia non risultano da parte sua strali così disperati e indignati.
Non sono mancati poi – nel suo discorso – i riferimenti ai diritti delle donne, alla lotta contro la mafia e al ricordo di Aldo Moro. Solo un accenno alla crisi economica, un timido plauso agli imprenditori che combattono la crisi e nemmeno una parola che – per la terza carica dello Stato – dovrebbe essere il faro: Italia.
Al di là di questo proclama di buone (e “correttissime”) intenzioni, in realtà quest’elezione politicamente è nient’altro che l’ultimo disperato tentativo di Bersani di chiedere un appoggio a Grillo: la dimostrazione, se vogliamo, di un fallimento totale della road map del Partito democratico, inesorabilmente lanciato alla guida di un governo che durerà, ad essere ottimisti, qualche mese. Giusto il tempo, per i suoi avversari interni (Renzi) ed esterni (Berlusconi e Grillo), di completare l’operazione aggancio.