«Dacci un Papa simile a questo ultimo uomo, o Zarathustra». Se Nietzsche vedesse oggi le reazioni dell’occidentale medio al conclave destinato a eleggere il nuovo Papa riscriverebbe così il passaggio del “Così parlò Zarathustra” in cui la folla, dopo aver ascoltato la descrizione allucinata della pulce dal volto umano destinata a rimpicciolire ogni grandezza, non sembra provare lo sperato disprezzo per quella creatura ma anzi la reclama come un agognato destino.
Il Papa dell’ultimo uomo: è questo che tutti sembrano aspettarsi dalle riunioni dei cardinali nelle segrete stanze del Vaticano. Una figura tiepida, che dica cose di buonsenso, che proponga un programmino di riformismo etico da quattro soldi, incentrato sulle ossessioni piccolo-borghesi di quest’epoca anestetizzata: i matrimoni gay, una bioetica edonistica ma da cui, per carità, sia stata espunta ogni tentazione faustiana, una spruzzata di ecologia, una qualunquistica “povertà”… Guardare, per credere, il trend #vogliounpapache su Twitter. È la consueta banalità che riproduce se stessa in automatico, girando a vuoto. E che contagia non solo i social network, ma anche i media più “autorevoli”. Vedasi “il grande coraggio” e “la grande modernità” che tutti gli editorialisti hanno visto nel clamoroso gesto di Ratzinger, laddove pochi anni prima parlando dell’opposta tenacia di Giovanni Paolo II avevano detto esattamente le stesse cose: che grande coraggio, che grande modernità… (ma insomma, cosa deve fare un Papa per essere considerato un non coraggioso?).
E invece, come sempre, chi guarda a queste vicende da un punto di vista laico dovrebbe all’opposto ammirare la potenza della liturgia e della tradizione, l’idea di questa organizzazione formidabile che attraversa i secoli con i suoi riti sempre uguali a se stessi. I pretini timidi che vediamo al pomeriggio in tv, degradati al ruolo di opinionisti, fanno quasi dimenticare che dietro di loro si celi pur sempre quella macchina da guerra scintillante e grondante volontà di potenza che è la Chiesa cattolica. E invece no, tutto questo va accantonato per far posto a un Pontefice uscito da Yahoo Answer.
Ma la cosa più divertente in assoluto è la speranza vagamente razzista nel tanto agognato “Papa nero”, come se un Pontefice africano fosse una specie di Idris con la tonaca, una figura simpatica che ti dà il cinque chiamandoti fratello e ha il ritmo nel sangue, quando invece probabilmente un Papa africano porterebbe più conservatorismo e più rigidità di un suo omologo europeo, dato che anche nella Chiesa l’Europa è ormai la terra di ogni arrendevolezza. Una ricerca della Cnn in 11 paesi africani, con interviste a 20.000 persone, ha evidenziato che più del 50% degli intervistati ritiene che un Papa africano renderebbe la Chiesa più conservatrice. In molti hanno auspicato una lotta più dura contro l’omosessualità e una visione più stringente della dottrina cattolica.
Per chi invece non vuole rassegnarsi al dominio della chiacchiera, resta la laicissima, ereticale speranza già espressa a suo tempo da Nietzsche: «Scorgo una possibilità di magia e di fascino di colori ultraterreni; mi pare che risplenda con un tremito di raffinata bellezza, che in essa si sveli un’arte così divina, così diabolicamente divina, che è vano cercare nel corso dei millenni una simile possibilità: contemplo uno spettacolo nel medesimo tempo tanto pieno di significato e così meravigliosamente paradossale che tutti gli dèi dell’Olimpo avrebbero avuto ragione di scoppiare in una risata, Cesare Borgia papa… Ho reso l’idea?»