L’ottimismo non regna a destra. Le ragioni ci sono tutte: diserzioni, cambiamenti di fronte, sogni irrealizzati hanno fatto crescere, negli ultimi anni, disillusioni e stanchezze politiche. Difficile recuperare. E tuttavia un piccolo segnale sembra emergere. Niente di particolarmente originale – sia chiaro. Ma dopo tanto affabulare, fare autoanalisi e stendere documenti, prolissi e perentori quanto purtroppo inutili, il semplice ritrovarsi in piazza è già qualcosa.
Sabato 28 febbraio tocca a Roma. La settimana dopo, il 7 marzo, a Venezia. Protagonista del ritorno di piazza la destra nuova ed allargata, che nasce dalla liaison politica tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
La sfida, lanciata da Lega Nord e da Fratelli d’Italia, non è da sottovalutare, proprio sulla strada di quella “ricomposizione” da più parti auspicata, ma difficile da realizzare per le troppe logiche ad excludendum che hanno bloccato ogni tentativo verticistico di ricomposizione.
Ora si riparte finalmente dalla “base”. Le premesse per riuscire ci sono.
C’è la volontà politica dei due movimenti. C’è il “nemico”, nel senso ovviamente di “nemico pubblico”, contro cui indirizzarsi : il Governo di Matteo Renzi, il potere dei “salotti buoni”, l’Europa matrigna. Ci sono alcuni fattori oggettivi di incertezza sociale, sintetizzati nello slogan della manifestazione veneziana: “difendiamoci” (difendiamoci dai poteri forti, dalla concorrenza sleale, dal terrorismo, dall’Europa a trazione tedesca, dalle tasse e dalla burocrazia, dalla criminalità e dalla mafia).
E’ una buona base di partenza, che può aiutare, al di là dell’immancabile conta su chi c’era e chi non c’era, a riaprire un dialogo semplice e popolare, qual è appunto quello della piazza, della mobilitazione diretta, connubio complesso di razionalità e di passione, di programmi e di aspettative.
Sul primo versante, al di là degli slogan d’occasione e della scelta “difensiva”, auguriamoci che qualcosa di più si cominci a dire sui temi del lavoro e della crisi economica. Di questo vogliono sentire parlare gli italiani non più rappresentati dalla sinistra, più o meno nuova.
C’è poi un valore “simbolico” nella ripresa della piazza che non va sottovalutato e che tocca le corde della speranza, della volontà di tornare ad essere protagonisti, della necessità di essere partecipi del destino del proprio Paese.
Per dirla alla vecchia maniera ce n’est qu’un début, non è che l’inizio. Ma almeno è una “ripartenza”. Auguriamoci che abbia “benzina” sufficiente per durare al di là degli appuntamenti elettorali, creando aspettative reali. Di futuro, a destra e non solo, c’è un gran bisogno.