Pubblichiamo un interessante contributo di Marina Simeone, nostra giovane e valida collaboratrice, sugli equivoci delle destre e sulla necessità di costruire una nuova soggettività politica, oltre la destra e la sinistra. ***
“Per farla finita con la destra” scriveva un po’ polemicamente Stenio Solinas più di qualche anno fa, sentendo prepotente l’esigenza di chiarire la distinzione progettuale tra chi ha creduto e si è fatto guidare da un determinato spirito del tempo e chi lo ha ostentato e all’occorrenza smentito. Il tempo è trascorso e ha dato ragione a quelle voci di contrasto, considerate ribelli e tenute volontariamente fuori dai giochi.
E per quanto persino il MSI oggi possa sembrare l’età dell’oro a paragone con quanto abbiamo intorno è da lì che si originano le contraddizioni e le svolte importanti, è in quel momento che alla guida della nave si sceglie un nocchiero indegno e suoi mozzi diventano politici approssimati.
Alleanza Nazionale è stata la resa dichiarata ufficialmente della destra confusa: un po’ liberale e un po’ capitalista, un po’ legalista e un po’ permissivista, un po’ nazionalista e un po’ universalista, insomma un po’ tutto e in verità niente. La legittimazione è costata l’identità e senza anima il prosieguo della storia non poteva che essere quello che è stato: l’annullamento nel ventre berlusconiano prima, la scomparsa definitiva poi; destino che coglie in politica chiunque non afferri una consistente fetta di potere. E poi arriva la spinta propulsiva populista, spauracchio sottovalutato anni fa e aizzato dalla crisi contro la decadente democrazia liberale. Le tematiche una volta proprie della destra italiana, quelle stesse che potevano rendere migliore e più forte lo Stato nel quale viviamo, messe ai margini da una politica poco lungimirante si sono improvvisamente rivelate attraente e caso strano anche valide. Ma sono i populismi ad averne parlato, a proporne le forme e a prendersene i meriti, affossando le due assialità destra e sinistra, talmente impaurite dalla perdita di potere da decidere di condividerlo, associandosi in una sola grande famiglia.
Far rinascere la destra in Italia? Cosa vuol dire mi chiedo? Abituata dalla filologia ad andare alla radice delle parole per comprenderne il vero significato posso solo dubitare della veridicità e correttezza di questa affermazione. Se ogni sindaco eletto, senatore, deputato addirittura ministro di destra ha pugnalato con convinzione il cuore di quello che la destra ha rappresentato, oggi cosa ne potrebbe far rivivere? La retorica forse, gli slogan di successo sempre emotivamente coinvolgenti in un momento di crisi, i contenitori ideali senza sostanza anche, ma nessun progetto politico concreto, perché esso nasce da idee, da esperienza, da ricerca storica non da riforme momentanee scopiazzate qua e là urlate in tv e ai congresso da marionette più giovani e belle, dietro cui si muovono i soliti burattinai.
L’opportunità di dimostrare le proprie capacità una certa classe politica di destra l’ha avuta e al di là di singole personalità più o meno meritevoli si è in ogni angolo geografico d’Italia limitata allo scopiazzamento del modus operandi democratico cristiano, quel trasformismo “intelligente” risorto dalle ceneri del dopoguerra, che si è forgiato di clientelismo nelle segreterie partitiche finalmente affollate. Ma l’astuzia democristiana mancò e invece di fidelizzare un ambiente vicino o affine si è preferito allontanare gli amici, i camerati di tante battaglie e favorire gli amici dei nemici, con l’illusione di essere accettati al consesso della politica che conta. Delusione e fratture insanabili il risultato.
E se questo è accaduto da una parte c’era l’altro volto della destra in preda al furore e al folklore, altrettanto incapace di progettare e di vivere il proprio tempo, sorda al monito di recuperare nella trasversalità dell’azione uno spazio che si poteva occupare.
La politica è prima di tutto responsabilità e al termine dei giochi con lo 0,% portato a casa, le segreterie di partito vuote, la perdita totale del richiamo giovanile, l’allontanamento degli amici di una vita, a mio parere, si dovrebbe mostrare per una volta la buona fede e farsi da parte, accettando dignitosamente il fallimento. Guardandosi intorno casomai e sostenendo personalità che al di là della destra e della sinistra rispecchiano o possono rispecchiare i valori caratterizzanti anche e non solo di un mondo di destra. Dovrebbe essere così, ma all’ipotesi della buona fede non crede più nessuno.
@barbadilloit