In occasione del quarantesimo anniversario della morte di Palazzeschi, pubblichiamo un lettera inviata dallo scrittore futurista a Giuseppe Longo – giornalista del Corriere della Sera -, emblematica del suo riaccostamento alla fede cattolica dopo la stagione eversiva e dissacrante del Futurismo e, segnatamente, del suo interesse per le questioni religiose. L’anniversario è già stato ricordato dal Sindacato Libero degli scrittori per mezzo di un incontro studi organizzato dal critico letterario Pierfranco Bruni, direttore del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi“.
“Ma questo Papa andrebbe all’Indice”, così scriveva Aldo Palazzeschi all’amico Giuseppe Longo, direttore dell’Osservatore Politico-Culturale il 6 aprile del ’67. L’osservazione di Palazzeschi, in parte ironica, si deve alla pubblicazione dell’enciclica Progressio populorum, che evidentemente lo scrittore non dovette apprezzare. D’altra parte, il documento di Paolo VI fu particolarmente osteggiato anche dagli ambienti cattolici tradizionalisti e accolto con diffidenza dalle forze politiche conservatrici, accusato di veicolare una dottrina sociale marcatamente “di sinistra”. “La proprietà privata – scriveva Montini – non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto”.
All’indomani della sua pubblicazione, Il Secolo d’Italia titolò polemicamente: “Avanti Populorum!”.
L’avvicinamento di Palazzeschi alla fede cattolica era maturato a cavallo tra i due conflitti mondiali e in particolar modo in seguito all’ultima guerra mondiale, di cui lo scrittore racconterà l’occupazione nazista di Roma e il terribile bombardamento alleato sulla Capitale del 19 luglio ’43 che provocò la morte di più di 4000 persone. Così Palazzeschi dichiarerà in un’intervista nel ’72: “Vivo la situazione spirituale degli uomini del nostro tempo. Non sono cristiano alla cieca, come forse lo si era un secolo fa. Ma le dirò che è la guerra che riattizza il cristianesimo. […] la guerra riavvicina a Dio”. Negli ultimi anni infatti si recava regolarmente in Piazza San Pietro per l’Angelus del Papa. Nel ’74 qualche tempo prima della sua dipartita (avvenuta in un torrido agosto per via di un ascesso dentario), curò la prefazione della Prima Lettera di San Pietro per la Tipografia Vaticana, e intervistato dal Gazzettino in merito al Referendum abrogativo sul divorzio si espresse per il sì, a differenza di gran parte dell’establishment culturale nostrano.
«Mio io adorabile Peppino, simpatico e affettuoso lo scritto di Grillandi (Massimo, ndr) che è un caro amico e merita più di quanto gli venga dato, ma per quello che riguarda il mio nuovo romanzo non si può parlarne e darne immagini in campioncino …. Quando sarà il momento pubblicheremo un pezzo sul Gazzettino, anche perché gli spetta sotto ogni riguardo, non solo per l’ amico direttore ma per la citta’ stessa perché il romanzo è veneziano. Ti mando, invece, questo piccolo scritto come puro segno di gratitudine e d’ amicizia. Ma parliamo invece di te, che di me io parlo solo quando vi sono costretto. Passando per via Veneto ho visto come Rizzoli abbia saputo dar valore al tuo libro che è una testimonianza importantissima del nostro tempo, dimostrazione che c’è ancora qualcheduno capace di equilibrio e di buon senso in mezzo a un giuoco che potrebbe anche divertire se non ci andasse di mezzo il fatto nostro. E’ bellissimo l’articolo primo sull’Enciclica (Populorum progressio di Paolo VI, del 26 marzo ‘ 67, ndr), hanno fatto in tempo ad abolire l’ Indice, altrimenti avrebbero dovuto metterci anche il Papa. Tempo veramente difficile e per cui un esempio di saggezza appare inusitato. E siccome sono venuto a sapere fino a che punto in fatto di cucina sei esigente e raffinato, perche’ quando vieni a Roma non mi avvisi e ti invito a cena in un ristorantino che e’ posto sotto casa mia e si chiama il “Ghiottone” e dove, pare, si mangi bene? Non ti dimenticare. Io a Venezia verro’ solo ai primi di Luglio. Ti abbraccio con tanto affetto, tuo Aldo Palazzeschi Roma, 6.4.’ 67 (dal Corriere della Sera)»