Tra il 1974 e il ’75, all’università parigina di Vincennes, si svolse un seminario sul fascismo organizzato da Maria Antonietta Macciocchi, allora maoistissima scrittrice italiana che anni dopo sarebbe finita candidata nelle liste del Patto Segni. A rileggere oggi gli atti di quegli incontri sembra di aprire una feritoia su un passato remoto di infantile linguaggio ringhiante. Colpisce, in particolare, il testo dedicato a Giovanni Gentile, dove oltre a parlare di “retorica logorroica” e “astrazioni vuote” si legge pure che il fondatore dell’attualismo “fascista lo divenne nell’anima e fino alla fine con una perseveranza e una determinazione da mafioso”. Queste righe sono state vergate da Jean-Toussaint Desanti, uno che invece era un sincero libertario, tant’è che una delle sue frasi lasciate ai posteri recita: “I nuovi e moderni Galilei si chiamano Marx, Engels, Lenin e Stalin”.
Preistoria intellettuale? Non esattamente. È di questi giorni, infatti, la polemica a proposito di un convegno di studi gentiliani svoltosi il 2 febbraio 2013 presso i locali dell’Università della Sorbona di Parigi e sponsorizzato dall’Istituto italiano di cultura. L’occasione per l’incontro è data dalla traduzione in francese di “Teoria dello spirito come atto puro” e de “La Rinascita dell’Idealismo” presso le Edizioni Hermann. La presentazione della conferenza sul sito dell’Istituto italiano di cultura di Parigi recita: “Il filosofo dell’idealismo che fu teorico dell’atto puro, rifondatore del liceo italiano e che finì tragicamente i suoi giorni, vittima della guerra civile del 1944, assassinato a Firenze da una banda di partigiani”. Apriti cielo.
Enrico Persico Licer, presidente della sezione Anpi di Parigi (?) invia subito una lettera di protesta alla direttrice dell’Istituto, Marina Valensise. Elio Rampino, presidente della Sezione Anpi della Repubblica Ceca (?) fa altrettanto. Scatta anche un firmatario promosso dai soliti Carneade con più titoli che capelli. Il 31 gennaio, cedendo alle pressioni – portate avanti avec une persévérance et une détermination de mafioso, verrebbe da dire citando le auree parole di cui sopra… – il sito dell’Istituto corregge la nota biografica su Gentile in questi termini: “Rifondatore del liceo sotto il fascismo e che finì tragicamente i suoi giorni, pagando i suoi errori politici in favore della dittatura, all’epoca della guerra civile e di Liberazione”. Non soddisfatti, i vigilantes dell’ortografia politica braccano ancora oggi la Valensise per avere spiegazioni.
Ora, cosa turbava i questurini del pensiero nella presentazione originaria della figura di Gentile? Le espressioni “vittima” e “guerra civile”. Il che è sorprendente. Nel 2013, quindi, un filosofo ammazzato come un cane, con modalità che fecero inorridire persino molti antifascisti dell’epoca, fra cui Benedetto Croce, non può essere definito “vittima”. Meglio dire, magari, che inciampò su una pallottola. E per sicurezza dare anche solidarietà alla pallottola. Quanto alla guerra civile, poiché assassino e assassinato erano entrambi italiani non si capisce cosa si abbia da obiettare. O qualcuno pensa magari che Gentile fosse tedesco? Che dire poi della frase “pagando i suoi errori politici”: davvero un Istituto di cultura, per avere legittimità politica, deve giustificare apertis verbis l’omicidio politico? Insomma, c’è da restare allibiti di fronte all’inesausto attivismo degli ayatollah del pensiero unico. Con un’unica consolazione: tra trent’anni li vedremo tutti nel Patto Segni.