Ieri sono andato a osservare la veglia della Sentinelle in Piedi di Torino. Stipati in un recinto di transenne, i partecipanti a questa iniziativa che vede uomini e donne, fermi, in silenzio, a leggere un libro per protestare conto il ddl Scalfarotto, sono stati in poco tempo circondati da una folla di attivisti Lgbt, centri sociali e cittadini progressisti a caso e ricoperti di insulti, gestacci, sputi e altre amenità. La cosa, non posso negare, mi ha quasi fatto provare un fremito di piacere. Anzi, speravo finisse pure peggio, con calci, pugni e porfido che volava. Perché? Perché ieri, in piazza Carignano, escludendo i militanti di organizzazioni strutturate e politici, dentro la gabbia della vergogna, nel recinto dell’umiliazione, alla gogna del politicamente corretto, c’erano loro: “i moderati”.
I moderati, nella mia memoria di militante politico che si è scontrato spesso (anche fisicamente) con gli antagonisti, per difendere il semplice diritto di esistere, sono quelli che dopo una giornata di incidenti all’università, dove orde di autonomi venivano per appendere ai lampioni ragazzetti che volantinavano in favore di tematiche profondamente omofobe, razziste, sessiste (tipo aumentare di un’ora l’apertura della segreteria studenti, chiedere di scegliere le aule in base al numero di partecipanti alle lezioni, poter fare rappresentanza studentesca, avendo eletto numerosi consiglieri di facoltà, senza finire all’ospedale a causa di agguati subiti nei corridoi dell’Ateneo) commentavano gli eventi con frasi del tipo: “sono scontri tra estremisti”, “anche voi avete provocato”, “è normale che succedano queste cose”. E tutti i torti, con il senno di poi, non li avevano mica. E’ proprio vero, è normale che succedano certe cose”.
La cosa più interessante vista ieri è stata la trasformazione percettiva (nella percezione dei media e dei passanti) di questi “moderati” pacifici in “estremisti”, “omofobi”, “fascisti” (uno dei cori più gettonati era “via, via, fascisti e polizia”). Coloro che normalmente erano propensi a ritenere che in caso di tafferugli la colpa dovesse essere necessariamente di ambo le parti, si sono resi conto non solo che si può essere presi a pizze in faccia stando placidi in piedi a leggere un libro ma che, dopo lo sterco materiale, si può essere contemporaneamente ricoperti da quello mediatico che, anziché condannare l’aggressore, condanna l’aggredito a causa di quello che pensa.
A stare ieri nel recinto dei moderati, insomma, c’era da vergognarsi. Da sentirsi come uno skinhead con svastiche tatuate in faccia. Una sensazione, per loro, sicuramente nuova.
Capisco adesso, più a fondo, il commento che Alain de Benoist fece dopo le cariche della polizia contro i manifestanti, anche loro appartenenti alla categoria dei “moderati”, di Manif Pour Tous. In quel caso, il francese, disse che quel tipo di manifestazioni avevano il lato positivo di far capire ai novelli manifestanti che la polizia, indipendentemente dall’autopercezione moderata che si ha di se stessi, caricava con violenza il dissenso. Io rilancio e aggiungo che anche le frange autonome dell’antagonismo, i comparti progressisti che vogliono un relativismo violento (nei contenuti e non) ma anche il popolino che ragiona come gli viene detto di ragionare dai media, possono caricare con violenza. Se questo aiuta a svegliare qualcuno, però, va bene lo stesso. Quindi, cari antagonisti, attaccate e contestate i moderati, anzi, anzi con sempre maggiore forza. Vuoi mai che qualcuno di loro, vedendo un suo simile appeso a un lampione, possa mai svegliarsi.
@fedecallas
@barbadilloit