Cialtroni. Così Mario Monti ha definito chi è stato al governo prima di lui: «Cialtroni». Un uso arcaico della lingua italiana, questo, che richiama evidentemente una forma latina degna di cotanto tecnico. In realtà il pluralia tantum utilizzato dal “professore” nei confronti di chi lo ha proceduto va tradotto grossomodo così: Silvio Berlusconi.
Fazio (Fabio). Record di ascolti. Record di polemiche. Record di canzoni di qualità. Record di marchette sui giornali. Record di endorsement per le prossime elezioni. Record, ovviamente, di sobrietà. Record, montianamente, di spending review. Fazio, insomma, è l’uomo dei record dell’edizione record di un Sanremo da record. “Luogocomunismo”? “La trionferà…”.
Manette. La settimana nazionale delle manette è stata. Non si sentiva dal lontano ’92-’93 un tal tintinnio. Rispettivamente hanno avuto i polsi legati: l’ex supermanager di Mps Baldassarri, il presidente del Cagliari calcio Cellino, il produttore Rizzoli, lo yuppie che vuole diventare il nuovo Berlusconi Proto, il vertice di Finmeccanica Orsi. Altro che “mariuoli”, qui in poche ore sembra crollare di nuovo un intero sistema, come sostengono i bene informati. Alla notizia di ciò è stato avvistato Antonio Di Pietro – l’ex pm che vent’anni dopo Tangentopoli lotta per un misero posto in Parlamento – in evidente stato confusionale: pare che invece di mangiarsi le mani, lo stia facendo con i polsi…
Monetine (lancio di).Come tutti i remake, pecca di sicuro di originalità: ragion per cui il lancio di monetine contro l’ex presidente del Monte dei Paschi Mussari non passerà di certo alla storia. Questa volta infatti, a differenza della famosa scena dell’Hotel Raphael con il lancio di indignate monetine da cento lire contro Bettino Craxi, la crisi economica l’ha fatta da padrone: soli pochi contestatori, per giunta muniti di monete da due centesimi, rare quelle da cinque. Pare che un tizio abbia lanciato per sbaglio numero uno monete da un euro. E abbia preteso dal malcapitato banchiere relativo resto di 0,98 centesimi.
Minzolini (Augusto). L’ex direttorissimo del Tg1, l’interprete del berlusconismo mediatico dell’ultima stagione, è stata scagionato dall’accusa di peculato. I giudici hanno stabilito che l’utilizzo della carta di credito aziendale, a suon di cene, da parte di Minzolini è stato lecito. Regolamento alla mano il giornalista, candidato al Senato per il Pdl, potrebbe tornare presto a dirigere il tg: addirittura in tempo per commentare il risultato elettorale. Panico dall’Usgirai, il sindacato unico (!) dei giornalisti: «Quella stagione non si può ripetere». Minzo non sembra essere dello stesso avviso: «Deciderò in base a come andranno le elezioni». Dalla redazione del Tg1un solo grido: «Senatore subito!».
Papa (il). Panico tra “certe” stanze d’Oltretevere per la decisione – un motu proprio al quadrato – di Benedetto XVI: «Mi dimetto» (o abdico, per i puristi della forma). Ma se in Vaticano si invoca (chi più e chi meno) lo Spirito Santo, è nelle redazioni dei maggiori quotidiani che non sanno chi invocare. Letteralmente sconvolto il Corriere della Sera che non si capacita del gesto ex cathedra di papa Ratzinger, atto che costringerà a rivedere i copiosi piani del “nuovo centro” sponsorizzati da via Solferino. E che dire del neovaticanista Eugenio Scalari (che in precedenza aveva definito l’attuale vescovo di Roma in questo modo: «Benedetto XVI non è un grande Papa») che ha interpretato su Repubblica l’atto di Benedetto XVI come la teorizzazione, addirittura, del venir «meno del rapporto diretto tra il Capo della Chiesa e il Figlio di Dio»? Che Barbapapà abbia rivelato il “primo segreto” del cardinal Martini?
Vergogna. Sentimento sconosciuto ai governanti italiani rispetto a una vicenda che ha dell’incredibile. Da un anno due nostri connazionali sono agli arresti in un Paese straniero che arbitrariamente li trattiene nonostante sia stato dimostrato che il fatto è stato compiuto in acque internazionali. Vogliamo i nostri due marò liberi di essere giudicati. In Italia.