“Fine della corsa. Dopo tre mesi di lotta, ci sono riusciti: hanno ucciso l’Unità. I lavoratori sono rimasti soli a difendere una testata storica. Gli azionisti non hanno trovato l’intesa su diverse ipotesi che avrebbero comunque salvato il giornale. Un fatto di gravità inaudita, che mette a rischio un’ottantina di posti di lavoro in un momento di grave crisi dell’editoria”: così si legge in un comunicato firmato comitato di redazione e pubblicato su l’Unità.it e sul cartaceo (l’ultimo oggi in edicola).
Cos’è successo? Non fosse per il futuro critico e incerto che ormai attende i suoi dipendenti, verrebbe da commentare la notizia con un “routine”. Cinismo? Macché! La crisi colpisce ogni ambito della nostra quotidianità, editoria compresa e quello fondato da Antonio Gramsci, d’altronde, non è il primo giornale a cessare le pubblicazioni: il 21 dicembre di due anni fa, ad esempio, toccò al Secolo d’Italia passare dalla carta al web. Fatto sta che 80 lavoratori rischiano il posto (più svariati collaboratori) che già da tre mesi sono senza stipendio: ormai sembra assodato che la carta stampa esponga il giornalista alla precarietà; di contro il web ha da un lato aperto nuovi orizzonti di comunicazione dall’altro non raccoglie ancora risorse a sufficienza per produrre giornali economicamente sostenibili.
Sullo sfondo restano le trattative per l’acquisto del quotidiano: ci sono tre gruppi. Tra questi anche Daniela Santanchè, già pasionaria forzista. Ma dalla redazione fanno sapere che se la “pitonessa” dovesse comprare il quotidiano fondato da Antonio Gramsci non sarebbe una rinascita ma una seconda morte…