Questo è un Paese che si adatta a tutto: a classicisti che fanno l’apologia di Stalim grande statista e modernizzatore dell’URSS non intaccato dalla esistenza dei gulag; a scrittori condannati in via definitiva per omicidio, uno all’estero l’altro graziato da Scalfaro che pubblicano i loro romanzi senza problemi e guai a ricordarne i precedenti; a negazionisti e negazioniste dell’olocausto dalmata e delle foibe, ospiti graditi in tv nel nome del pluralismo; a ex terroristi delle BR che presentano le loro verità in luoghi pubblici e istituzionali senza ostacoli se non le proteste dei parenti delle vittime. Tutti in Italia possono fare e dire e pubblicare e parlare. Ma prova tu a chiedere che qualche assessore alla cultura appoggi il tuo progetto di ricordare i 40 anni dalla morte di Julius Evola, che ricorrono oggi, e vediamo le reazioni… L’unico che ebbe il coraggio di farlo nel 1998 a Roma fu il compianto Gianni Borgna, comunista, che non ebbe paura e lo finanziò tramite le Biblioteche di Roma. Nessuno ha preso esempio dalla sua apertura mentale, purtroppo. Oggi invece abbiano fatto un salto indietro di parecchi decenni e sembra ritornata l’Inquisizione degli anni Settanta.. Parlare di Evola, recensirlo, introdurre i suoi libri sembra essere ritenuta una colpa, qualcosa di sconveniente, che ti fa correre il rischio di finire sotto il mirino dei commentatori “moderati” ma politicamente più che corretti, o magari dei “centri socia sociali”. Il che non è ammissibile in un Paese che si definisce democratico ed in cui la Costituzione tutela la libertà di parola e di pensiero. Criticare sì, accusare e proibire no.
Eppure, questo pensatore, un vero e proprio outsider della cultura italiana del Novecento, si dimostra quanto mai attuale proprio per le sue analisi fuori dal coro, per averle fatte in una prospettiva non limitata al contingente, ma avendo lo sguardo proiettato lontano sia nei suoi libri sia nelle collaborazioni giornalistiche. Un motivo, dunque per leggerlo e rimeditarlo, tralasciando tutti i luoghi comuni che si sono affastellati sua figura.
Facciano qualche esempio di analisi anticipatrici. Tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta Evola pubblicò una serie di articoli, poi confluiti in Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo (1932, adesso in edizione critica per le Mediterranee come tutti gli altri suoi libri qui citati), in cui descriveva e dissezionava le correnti del spiritualità degradata dell’epoca denunciandone i pericoli sottili e psicologici che ci si ostinava a non vedere. Una critica attualissima delle correnti pseudo religiose del XXI secolo oggi che sono sullo stesso piano.
Sesso, eros, pornografia sono una caratteristica della società di oggi, affatto “liberata” da essi come prometteva e pretendeva il Sessantotto. Anzi, la confusione sessuale è alla stelle e cose che sembravano certe non lo sono più grazie alla scienza. Nel 1958 Evola pubblicò Metafisica del sesso in cui esponeva la sua teoria magnetica dell’eros e quella dei vari gradi di sessuazione che, andando controcorrente alle teorie odierne del gender spiegano esattamente perché si è giunti al punto in cui siamo giunti e come il sesso possa diventare qualcosa di costruttivo e non distruttivo come oggi (“pandemia sessuale” la definiva).Senza alcun moralismo e preconcetto vengono spiegate l’omosessualità e le deviazioni sessuali, perché si verificano e perché sono in aumento progressivo.
Il lamento e la condanna generale contro l’economia che sovrasta e condiziona la politica, contro la finanza anonima che manipola il mondo, contro le nazioni succubi dei trust bancari, erano stati già denunciati da Evola in molti articoli del dopoguerra e ne Gli uomini e le rovine (1953) sotto la definizione complessiva di “demonia dell’economia”. Il saggio, una specie di manuale di dottrine politiche ad uso dei giovani di destra dell’epoca che volevano affrontare la vita politica, denuncia e mette in guardia, propone alternative e indica direttive per non restare coinvolti nelle panie di una economia etero diretta che però detta legge alla politica.
La denuncia privata e pubblica nei confronti del malaffare, delle ruberie., della corruzione nella politica, della scomparsa dei valori etici è all’ordine del giorno, specie su certi giornali e da parte di certi giornalisti che predicano soltanto arresti e galera, che chiedono leggi sempre più severe e dettagliate, che fanno del moralismo spicciolo che tutti sono capaci di fare. Ne Gli uomini e le rovine come nel precedente opuscolo Orientamenti (1950) e nel successivo e fondamentale Cavalcare la tigre (1961) il pensatore romano indica su cosa far leva e quali strade interiori percorrere per non cadere preda di queste trappole del mondo moderno e della politica politicante, quali regole seguire, a quali valori riferirsi, senza fare assolutamente moralismo d’accatto, ma guardando oltre. Restare in piedi, mantenere la schiena dritta, come raccomandava il presidente Ciampi, è sempre possibile. Sotto questi aspetti un “manuale per sopravvivere alla modernità” come Cavalcare la tigre è fondamentale. E pensare che negli anni Settanta, dopo la morte di Evola, qualche bello spirito lo presentò come la “Bibbia del terrorismo nero”! Non avevano capito un accidente anzi non lo avevano neppure letto…
Nel 1929 Julius Evola pubblicò sull’autorevole “Nuova Antologia” il saggio Americanismo e bolscevismo che divenne poi la conclusione della sua opera maggiore, Rivolta contro il mondo moderno (1934). In esso il giovane filosofo mise sullo stesso piano due nazioni e i loro fondamenti che in apparenza sembravano antitetiche, USA e URSS, capitalismo e comunismo, simili nella teoria e nella prassi perché entrambe materialiste, espressioni di quel “mondo moderno” che egli contrapponeva al “mondo della Tradizione”. La sua analisi in apparenza bizzarra, illuminava invece molte cose e in base ad essa si può dare una spiegazione al mondo pre e post 1945, alla “guerra fredda” tra le due superpotenze, al crollo dell’Unione Sovietica e dei Paesi dell’Est, alla “tenaglia”, come scriveva, che stava stringendo l’Europa, ma anche a quello che per primo proprio lui definì il “Male americano”.
Naturalmente Julius Evola è stato moltissimo altro, e questi sono soltanto pochi esempi per un lettore interessato a certi aspetti più diretti e contingenti del suo pensiero. Si ì occupato di svariati argomenti e su di essi ha scritto. Per questo Evola lo si deve intendere complessivamente e non estrarre alcuni suoi aspetti per osannarlo o condannarlo (l’imperialista pagano, il mago. l’’anticristiano, il razzista). Del resto è quel che si fa nei confronti di tantissimi altri fondamentali autori del Novecento (da D’Annunzio a Pound, da Marinetti e Mishima a Céline). Non si capisce perché non lo si dovrebbe fare per Julius Ecvola.
Per capire il Novecento bisogna leggere Evola, è stato detto, fra i tanti autori della ”letteratura della crisi”. E si potrebbe aggiungere che per capire il mondo del XXI secolo con le sue contraddizioni, il suo cupio dissolvi, il nichilismo, l’abbandono di ogni certezza anche personale, addirittura sessuale, bisogna leggere Evola. Tra i maggiori filosofi del Novecento insieme a croce e Gentile come scrisse il compianto Franco Volpi, Evola è, pur con le sue difficoltà e asprezze, uno dei pochi, se non l’unico, a darti indicazioni per non far sopraffare il tuo Io, conciliando, fra i pochissimi, metafisica e concretezza, meditazione e azione. Ognuno, leggendolo,deve scegliere la sua via, anzi, per l’esattezza, il suo cammino personale.