Interpretare la valanga che ha portato a Palazzo di Città l’ingegner De Luca è per me estremamente facile se si ha l’accortezza di non limitare la lettura alla dimensione locale, anche se il peso di dinamiche specificamente potentine è notevole.
Ma procediamo con ordine. Quindici giorni fa, commentando l’altra valanga, quella che ha portato per la prima volta il Pd a stravincere un’elezione nazionale, osservavo che il trionfo di Renzi era il capitolo che mancava al mio libro fresco di stampa. Un pamphlet che la cazzimma dell’editore ha intitolato “Napolitano, il capo della banda” ma che è in tutta evidenza una riflessione sull’estinzione della sinistra storica, incarnata, con un’operazione metonimica, nella figura del più importante esponente, divenuto con il suo corpo stesso l’impersonificazione di un Potere mummificato.
Il dato nazionale dei ballottaggi conferma l’effetto Renzi, la sua capacità di sedurre l’elettorato moderato. Al di là dei numeri sui Comuni conquistati è per me particolarmente significativo che il centrosinistra abbia fatto cappotto nei capoluoghi lombardi: Bergamo, Cremona, Pavia. E quest’ultima città, benissimo amministrata, aveva premiato ancora nell’ultimo sondaggio di gradimento il sindaco uscente come il più amato di Italia dai suoi cittadini.
Tre sconfitte clamorose del Pd confermano però che laddove il potere del centrosinistra si è mummificato, non c’è Renzi che tenga. Parlo in tutta evidenza di Livorno, Perugia e Potenza. Nel primo caso il luogo simbolo dove, quasi un secolo fa, si è consumato lo strappo storico che proprio nelle scorse settimane Renzi ha ricucito, riportando il partito erede della tradizione comunista nella grande comunità della socialdemocrazia europea. Qui normalmente, se si andava al ballottaggio, era un derby tra sinistra moderata e sinistra radicale. Stavolta invece la voglia di rottura della gente si è riconosciuta nel nuovo soggetto grillino e nella sua identità transgender: e infatti sul candidato pentastellato sono dichiaratamente confluiti tanto i voti leghisti quanto quelli di una lista civica di sinistra. Quanto all’altra sinistra, ovviamente, il disastro è sotto gli occhi di tutti: dopo il voltafaccia della Spinelli, il nuovo progetto che guardava alla Grecia è morto nella culla. Altro che lista Tsipras: il partito della Repubblica ha eletto due europarlamentari, la vedova di un banchiere, l’autore di Sabina Guzzanti. Riposino in pace…
Nel secondo caso a decidere le sorti del ribaltone è stata lo spirito di rivolta contro la casta, una tigre che Renzi ha dimostrato di saper cavalcare con notevole sprezzo del pericolo. Perugia è stata per 69 anni una roccaforte della sinistra: a consegnare le chiavi della città al centrodestra ha sicuramente concorso la vicenda dell’inchiesta sulla Tav in Toscana che ha portato agli arresti, lo scorso autunno, dell’ex presidente dell’Umbria e madre-matrona del Partito Regione.
E veniamo alla nostra Potenza dove il Pd è riuscito a battere ogni record: dopo aver eletto una marea di consiglieri grazie al 56% dei voti di lista al primo turno, ha perso il ballottaggio lasciando per strada molte migliaia di elettori e superando a stento il 40%. Una vicenda strana, quella del capoluogo lucano, che ha visto concorrere, oltre al Movimento 5 stelle (che ha preso un terzo dei voti rispetto alle europee) altri due cartelli, guidati da due ex prestigiosi: per il centrosinistra Roberto Falotico (ultimo incarico: assessore dell’ultima giunta De Filippo) per il centrodestra Michele Cannizzaro (già direttore generale del San Carlo), sostenuto da Forza Italia, Nuovo centrodestra e Udc. E già, perché il vincitore a sorpresa delle elezioni a Potenza, l’ingegner De Luca è espressione di due forze minori del centrodestra, i Fratelli d’Italia e i Popolari per l’Italia. Insieme a una lista civica che ha portato in consiglio un ragazzino (28 anni) espressione di una comunità militante che quarant’anni fa avremmo definito clerico-fascista. Non è un caso se nella città più democristiana d’Italia anche l’opposizione più dura indossa le bianche vesti del cattolicesimo integrale.
A ben vedere, gli elettori hanno scelto, pur in presenza di una situazione di potenziale ingovernabilità, il candidato meno “compromesso” con il Palazzo, quello che non aveva nessun coinvolgimento con venti anni di governo del centrosinistra, spesso nel segno del consociativismo e di una gestione del potere molto attenta anche agli interessi consolidati della minoranza.
A De Luca, con i suoi giovanissimi ed entusiasti supporter, è riuscita così l’operazione decisiva di inverare il volto del cambiamento radicale, del vento nuovo che spazza la soffocante bonaccia. E a sinistra, davvero, di aria fresca c’è veramente tanto bisogno.
*dal”Quotidiano della Basilicata”