Milano – Alle 18 di ieri in piazzale Susa, luogo dove il 29 aprile del 1945 venne fucilato dai partigiani Carlo Borsani, invalido di guerra e medaglia d’oro al valore militare, i militanti pronti a sfilare erano già qualche centinaio. Da lì alle 20, orario previsto dagli organizzatori per il primo Presente della serata, ne sarebbero arrivati ancora più di duemila. Un grande numero per quella che è una delle ricorrenze di maggiore rilievo oltre che tra le più sentite per il mondo della destra italiana e dall’area non conforme, che ogni anno si trova per ricordare, oltre a Borsani, altri due suoi caduti come Sergio Ramelli, il giovane ucciso sotto casa a colpi di chiave inglese nel ’75 ed Enrico Pedenovi, assassinato nel ’76
E quest’anno, a seguito delle polemiche nate intorno all’evento, all’annuncio da parte delle autorità di voler vietare la presenza di croci celtiche e saluti romani e all’atto vandalico che ha portato alla distruzione del vetro che protegge il murales dedicato a Ramelli, la commemorazione sembrava destinata ad avvenire in un clima di tensione. Complice anche un contro corteo d’ispirazione antifascista che, con chiari intenti provocatori, voleva sfilare vicino alla fiaccolata dei militanti di destra.
Un’aspettativa di incidenti, forse auspicata dai molti giornalisti presenti, che si è dovuta scontrare con la disciplina dimostrata dai partecipanti alla commemorazione che hanno sfilato compatti e silenziosi per le vie di Milano. Un ordine esteriore che quasi ne rispecchiava uno interiore, circondato da un silenzio irreale rotto solo dal volo costante dell’elicottero della polizia che sorvolava la città.
Ai tre Presenti per i caduti c’erano tutte le sigle dell’area, riconoscibili per le loro “divise” ma compatti e attivi nel dare una mano nell’organizzazione dell’evento. Gli Hammerskin e i ragazzi di Lealtà Azione, organizzatori svizzeri delle tempistiche della marcia, primi a inquadrarsi con i loro bomber. C’erano i militanti di CasaPound, riconoscibili dalle magliette degli ZetaZeroAlfa, le toppe con il fulmine cerchiato, il look casual e le New Balance ai piedi. Quelli di Forza Nuova, con i tricolori e le camicie bianche. C’erano anche alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, come il deputato Carlo Fidanza, candidato alle elezioni europee.
Alla fine di una giornata così composta, oltre al toccante omaggio reso nella via dove Sergio Ramelli fu massacrato, oltre al canto de “Il domani appartiene a noi” che, subito dopo il Presente dedicatogli, si leva nel buio di una tiepida serata milanese, risalta lo stile, alla fine della fiaccolata, dei militanti dei vari gruppi che ritornano alle proprie case. Lì vicino c’è la lapide di un partigiano fucilato: alcuni la guardano e procedono oltre. Chi si riconosce in una civiltà che onora i propri caduti, non oltraggia quelli altrui. Una questione di distinzione.