Meno di sette giorni di libertà. Silvio Berlusconi non pensa ad altro, e si vede. Nell’attesa di conoscere il suo destino (i giudici dovranno stabilire se andrà ai servizi sociali o agli arresti domiciliari) Forza Italia 2.0 sembra una macchina senza pilota. Lo si è visto quando è stata approvata la legge delega che depenalizza il reato di immigrazione clandestina con il contributo dei voti azzurri (nonostante la stragrande maggioranza degli elettori del partito sia contraria all’abrogazione del reato). Lo si percepisce, quotidianamente, nell’atteggiamento ondivago rispetto il governo Renzi: dialogo o opposizione? Risalta, poi, dai sondaggi: anche quelli tradizionalmente favorevoli al centrodestra non danno Forza Italia oltre il 21%. Il rischio – senza Berlusconi in campo – è quello di scendere sotto la quota tutt’altro che psicologica del 20%.
Certo, come ha spiegato Piero Ignazi su Repubblica, stavolta Berlusconi davanti a sé non ha “un comunista alla D’Alema” ma un giovane populista che assomiglia al profilo della prima stagione politica targata Forza Italia: avversario difficile Renzi dato che non incarna alcuno dei demoni così sensibili alla retorica berlusconiana contro la sinistra. E difficile sarà mobilitare le truppe tradizionali per Forza Italia alle Europee: troppo determinante il peso di Angela Merkel nel Ppe, troppo ingombranti le firme in calce ai trattati europei firmate dall’allora premier e dai suoi ministri e troppo rischioso intestarsi una battaglia eurocritica con le aziende di famiglia quotate in borsa.
Di contromosse, almeno per il momento, se ne vedono poche. Sì, ci sarà il suo “nome” – Berlusconi – sul simbolo alle Europee. Ma il fatto che restino solo lui e l’ex delfino Angelino Alfano ad utilizzare questo richiamo significa una cosa: sono uniti dalla (diversa) “debolezza” di dover comparire, di tirare il più possibile nel tentativo di “sostituirsi” ai nomi in lista che avranno poco richiamo il primo, a cercare di raggiungere il 4% con la massima esposizione mediatica il secondo.
Se Berlusconi non pensa ad altro che al 10 aprile, il partito è da tempo nel caos. L’effetto mediatico di Giovanni Toti – mal tollerato dalla vecchia guardia del partito – non c’è stato: si vedrà adesso il riscontro elettorale. Per il resto il Cavaliere si rifiuta di rinforzare le liste con i nomi pesanti: Scajola in primis. Solo Raffaele Fitto, il leader dei malpancisti, è stato accontentato ma al prezzo di una lacerazione che continua a infettare la ferita tra i due. Vorrebbe nomi nuovi, volti spendibili il Cavaliere: dai Club Forza Silvio, al di là dei numeri ventilati, e dall’Esercito di Silvio, di novità da contrapporre al nuovo corso di Renzi e di Beppe Grillo non ne sono arrivate.
Non resta che il capitolo successione. Marina? Piersilvio? O Barbara? Quest’ultima vorrebbe e potrebbe essere la carta dell’ultima mano; Piersilvio ha declinato mentre Marina – la figlia “pronta” – viene difesa dal cerchio magico di chi ha a cuore la sorte delle imprese del padre (Fedele Confalonieri su tutti).
L’estremo tentativo di Berlusconi è stato allora il colloquio con Giorgio Napolitano, dove – come era intuibile – ufficialmente non è filtrata alcuna buona notizia per lui. «Agibilità politica» ha richiesto sommessamente l’ex premier al capo dello Stato, ossia la possibilità – sotto pressione del Quirinale – di poter svolgere la campagna per le Europee: richiesta impossibile da accogliere per il Colle. Altra istanza è stata quella giocata sulla “responsabilità” di continuare nel percorso riformatore assieme a Renzi. Tasto sensibile per Napolitano, ma tra il dire e il fare ci stanno le Europee di mezzo: e un risultato negativo per Forza Italia senza Berlusconi potrebbe significare il liberi tutti nel partito. E anche la reazione di Berlusconi stesso: far saltare l’accordo con Renzi e puntare al voto. Con il Consultellum, proporzionale puro.
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