E alla fine Rosario Crocetta può gridare «vittoria». Di Pirro, forse. L’Ars ha deciso: il capitolo Province in Sicilia è chiuso. Al loro posto arriveranno i Liberi consorzi tra comuni le tre città metropolitane di Catania, Messina e Palermo. Trovata la convergenza tra M5s e centrosinistra. «Questo è solo l’inizio», è il commento soddisfatto del presidente della Regione .
Entità nuove sì ma fino ad un certo punto. Quella dei Liberi consorzi è una formula già presente nello statuto autonomo dell’isola. Ma non in Costituzione. Una figura giuridica nata all’indomani del Fascismo. Un’invenzione chiamata a smobilitare l’impianto prefettizio della gestione del territorio siciliano. Da qui a sei mesi, nasceranno dunque i Liberi Consorzi. Le competenze, la geografia, il patrimonio e personale sono quelle delle ormai ex nove province. Per gli osservatori si tratterebbe di «una mano di vernice».
Mutano invece i meccanismi di elezione dei presidenti, della giunta e dell’Assemblea dei nuovi enti. Quest’ultima verrà composta dai sindaci dei comuni che aderiscono ai consorzi. A Messina saranno 109. Il presidente verrà eletto, invece, dall’assemblea dei sindaci e di tutti consiglieri comunali. Gli assessori saranno otto. I cittadini non voteranno i loro rappresentanti. Passa il principio del voto di «secondo grado». Una soluzione ritenuta «scarsamente democratica» dall’opposizione di centrodestra. Le missioni dei componenti dei liberi consorzi verranno rimborsate dai Comuni di provenienza.
Il vero asse della riforma è l’istituzione delle città metropolitane. Enti previsti nel titolo quinto della Costituzione, ma non dallo Statuto. E mentre in tutta Italia le “metropoli” sono attualmente nove, la solo Sicilia se ne doterà di bene tre. Differenti saranno pure i confini. Le tre città metropolitane ricalcheranno i confini dei tre capoluoghi, mentre nella restante parte del territorio nazionale coincidono già con tutta l’area della provincia. La nuova entità nasce per intercettare finanziamenti europei. È ancora da stabilire, invece, chi presiederà le nuove istituzioni. I meccanismi per le elezioni sono ancora da scrivere e verranno affidati ad una legge successiva.
Prende fiato dunque Crocetta. E si salva in calcio d’angolo. Superati i mal di pancia della propria maggioranza. La stessa che a voto segreto aveva cancellato le città metropolitane dal testo della riforma annunciata dal Presidente mentre era ospite nella trasmissione Rai di Massimo Giletti. Si apre ora il nodo del rimpasto di Giunta. Crocetta dovrà restituire in termini di poltrone l’appoggio incassato dopo la lunga gestazione della riforma degli enti locali. Intanto c’è da rivotare la legge finanziaria dopo l’impugnativa da parte del Commissario dello Stato. Lo stesso che potrebbe cassare l’impianto alcuni punti del testo varato ieri. Le possibili criticità potrebbero vertere sulle incongruità costituzionali del testo e la mancata elezione diretta dei vertici dei liberi consorzi.
Difende il testo il capogruppo Pd all’Ars Baldo Gucciardi: «Abbiamo scritto una buona riforma, destinata ad essere un punto di riferimento per tutta l’Italia». Sconcerto invece dai banchi dell’opposizione. Ragiona in termini di spending review Marco Falcone di Forza Italia: «Non ci sarà alcun risparmio. Tutto ricadrà nelle casse degli enti locali e quindi dei siciliani». Per il musumeciano Santi Formica si tratta invece di una «di una delle pagine più buie della storia del parlamento siciliano. Una gestazione lunga sei mesi che ha prodotto un festival delle contraddizioni».