Un nostro autentico maestro, Gianfranco de Turris, raggiunge oggi un bel traguardo di vita: i settanta anni. Volendo rivisitare il motto dantesco alla luce del moderno ampliamento delle possibilità esistenziali dell’uomo potremmo dire che è “nel mezzo del cammin di sua vita”. Sicuramente Gianfranco si trova attivamente inserito “nel mezzo” delle iniziative che riguardano la cultura di destra. E, tuttavia, considerando lo stato penoso in cui questa corrente culturale alternativa al mainstream si trova, la definizione potrebbe apparire riduttiva o beffarda; allora correggendo il tiro precisiamo: Gianfranco da più di quaranta anni a questa parte rappresenta uno dei pochi casi esemplari di personalità culturale capace di testimoniare la vitalità perdurante della cultura di destra. Si contano sulle dita della mano i pensatori così orientati e questa esiguità quantitativa rende ancora più preziosa per noi l’azione e l’opera di Gianfranco de Turris. Si è scelto un campo di competenza (la letteratura fantastica) e in quel campo ha raggiunto una eccellenza, ampiamente riconosciuta. In tal senso egli si differenzia dalle tendenze alla tuttologia, dunque dal dilettantismo dei più.
De Turris ha seguito orgogliosamente un maestro (Julius Evola), però inserendosi in una “tradizione” di pensiero non ha mai ceduto alla tentazione di trasformarla in setta, in conventicola incomunicante con l’esterno. Al contrario, Gianfranco ha sempre compreso la necessità di interagire con il “vasto mondo” appunto per valorizzare le idee di una cultura, quella “tradizionale”, che nel corso del Novecento sembrava essere condannata alle catacombe. De Turris non ha nascosto la “fiaccola” della Tradizione sotto il “moggio” del tradizionalismo dogmatico.
Gianfranco fu anche artefice di un curioso “sfondamento a sinistra”, con la collaborazione a una rivista “cult” della sinistra: Linus. Una rivista apparentemente leggera, che si occupava di fumetti. Ma è proprio attraverso i fumetti, attraverso i generi della cultura pop che si costruisce l’immaginario; Gianfranco ha colto chiaramente questo nesso fondamentale: cultura-immaginario. Non si può pensare di incidere in una battaglia per la “visione del mondo” se non si comprende come nel bel mezzo del mondo moderno e con gli strumenti tipici della comunicazione moderna si forgino i “miti” che fanno presa sulle giovani generazioni e si trasformano in idee-forza.
Siamo arrivati al punto in cui coglie con precisione l’ “equazione personale” di de Turris. Gianfranco è “uomo dell’immaginazione”, la sua anima vibra su quella frequenza sottile che è il “mundus immaginalis”, intermedio e mobile come l’atmosfera sospesa tra il cielo degli Archetipi eterni e la terra delle sensazioni materiali recepite dai nostri sensi fisici. Questo mundus immaginalis è propriamente il mediatore tra i due piani: è un luogo in cui si schiudono grandi possibilità di conoscenza, e nello stesso tempo esso abbonda di prove, di insidie, di trabocchetti.
Una Tradizione vivente è quella che si manifesta nelle parole dei grandi maestri e dei profeti e nello stesso tempo ispira l’anima senziente di poeti, letterati, ed artisti. Fantasia e illuminazione in questo senso procedono in parallelo. Si può anche ipotizzare che nell’età moderna – l’età dell’eclissi delle grandi Tradizioni sacrali – certi Archetipi eterni vengano appunto riposti nell’inconscio della immaginazione. René Guénon era fermamente convinto di questa possibilità e in un passo della sua opera affermava che, a conclusione di un grande ciclo spirituale, coloro che erano consapevoli dei valori profondi di quel ciclo disseminavano le verità sapienziali nel campo delle saghe, delle leggende del folklore. Il critico letterario di ispirazione tradizionale diventa allora un “archeologo” dello spirito: scava nelle profondità dei testi fino a trovare le radici del Logos, del discorso eterno.
Un libro di Evola è particolarmente caro a Gianfranco De Turris: “Il Mistero del Graal”: l’opera in cui l’inossidabile barone seguiva le tracce della Tradizione Iperborea nei romanzi cavallereschi del Medio Evo: quelli di Chretien de Troyes, Robert de Boron, Wolfram von Eschenbach.
Gianfranco cerca il suo Graal in letterati contemporanei come Tolkien, come Howard, come Lovecraft. Se in Tolkien rivivono eroi solari nel senso più compiuto del termine, in Howard si staglia un immaginario epico da età del bronzo e in Lovecraft emergono gli elementi di un mondo infero: creature del buio paragonabili agli Asuras della tradizione indiana. Tutti e tre gli autori, in un “secolo” profondamente “secolarizzato”, confermano l’impressione shakespeariana che “ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la tua filosofia”.
Nella sua vasta produzione bibliografica Gianfranco si è occupato di Heroic Fantasy, ma anche di Fantascienza e in anni più recenti di un genere minore definito Ucronìa. La Heroic Fantasy riverbera lo splendore di epoche passate, essa si contrappone dunque al pregiudizio illuminista sui “secoli bui”; a sua volta la Fantascienza esprime una speranza per il futuro: la speranza in un epoca di avanzata tecnologia che tuttavia sappia ancora generare maestri ed eroi, misteri e valori, ideali di onore e illuminazioni da mondi superiori. La Fantascienza è forse una creatura sfuggita di mano ai suoi custodi ideologici: sembrava dover essere una sorta di filosofia positivista spiegata al popolo e invece a un certo punto ha cominciato a manifestare inquietudini antimoderne e ben poco illuministe; ha cominciato a mostrare cose che “voi umani – materialisti – non potete neppure immaginare”. Infine l’Ucronia si ribella all’idea che viviamo nel migliore dei mondi possibili e non concede al vincitore delle guerre terrene la palma della superiorità morale, dunque il trionfo nell’Iperuranio delle Idee.
L’Ucronìa immagina sentieri alternativi alla storia: vi è forse un’altra dimensione nell’Universo in cui vi è un’altra Italia più sana, più decorosa e in quella Italia parallela persone come Gianfranco de Turris ricevono riconoscimenti ben più ampi e proporzionati ai suoi meriti e alla sua qualità umana. Altri mondi…
Ma nella nostra dimensione e in questa Italia fatta così si accontenti il buon Gianfranco dell’affetto riconoscente dei suoi sodali di lungo corso!