Condivido quanto scritto da Angelo Mellone. Mi chiedo solo – dinnanzi alla catastrofe politico-culturale (e in gran parte anche umana e antropologica) che ha colpito la destra italiana e che l’ha condotta ad una condizione di oggettiva marginalità ed irrilevanza, ad un passo dalla scomparsa dalla scena pubblica – se per caso abbiamo sbagliato anche noi. Intendo quelli che come me e te (ma potrei citare tanti altri amici) che hanno cercato in questi anni, ad esempio all’epoca della Fondazione Farefuturo, di far nascere una “destra nuova”, ma probabilmente hanno nell’ordine 1) sbagliato interlocutori (ci sarà da fare, prima o poi, un serio discorso sulle responsabilità di Fini in questa debacle e sulla sua oggettiva inadeguatezza – umana, politica e culturale – a mettersi a capo di un processo di revisione e trasformazione di un’intera area politica); 2) forzato eccessivamente le loro posizioni in una chiave troppo provocatoria rispetto al mondo cui ci si rivolgeva, con un tono peraltro spesso liquidatorio e polemico, più che critico e dialettico; 3) sottovalutato l’autentica e più profonda matrice ideologica della destra italiana, che rimane sostanzialmente la nebulosa ideale e sentimentale del neofascismo, ragion per cui certi temi e certe suggestioni, che si richiamavano all’esperienza delle destre liberali e conservatrici europee, non potevano che cadere nel vuoto o restare incomprese; 4) preso atto con ritardo dell’anomalia rappresentata dal leghismo e dal berlusconismo, rispetto ai quali la destra di An per anni ha mantenuto – per ragioni di potere e nel nome di un malinteso pragmatismo – un atteggiamento di compiacenza, complicità, collusione o subordinazione, che in prospettiva è ciò che ha finito per decretarne la perdita di identità e di profilo progettuale. Insomma, nel mentre si prende atto della “fine di un mondo” (che in prospettiva potrebbe persino rivelarsi salutare, nel senso che potrebbe toccare ad una prossima generazione tentare di far rinascere una destra politica autenticamente nuova in questo Paese), forse sarebbe utile un ripesamento critico (e fatalmente autocritico, per la piccola parte che anche noi abbiamo avuto, non sul lato politico, ma su quello intellettuale) della parabola della destra italiana negli ultimi vent’anni. Se credi, caro Angelo, possiamo riparlarne.