Dovrebbero essere, questi, giorni densi di celebrazioni, studio e riflessione dato che il 22 gennaio saranno trascorsi venti anni esatti dalla fondazione di Alleanza nazionale (il 22 gennaio 1994 si dava via ai circoli che avrebbero portato poi, un anno dopo, al congresso di Fiuggi). E invece sono sempre più tesi i rapporti tra ex An in questa prima fase di Terza Repubblica: tra sconfessioni, accuse e minacce di apparentamento fuori dal perimetro tradizionale della destra, il percorso di ricomposizione sembra essere tutt’altro che avviato verso la risoluzione.
Fini: “La destra non c’è”. Alla vigilia del ventennale ricompare Gianfranco Fini che – in un’intervista a Repubblica – “festeggia” l’anniversario gettando sale nelle ferite: «Oggi in questo paese non c’è più un partito di destra». Per lo meno per come la intende lui: «Aperta sulle questioni dei diritti civili e dell’immigrazione». Chiarita ancora una volta la distanza tra l’elaborazione tutta personale del perimetro della destra per l’ex presidente della Camera e il resto della classe dirigente (i suoi stessi uomini di Fli sono tra i promotori della rifondazione di An con Storace, Buonfiglio e Poli Bortone), lanciato il suo endorsement a Matteo Renzi – «su integrazione e diritti civili dice le stesse cose che dicevo io anni fa» – Fini recita l’unico mea culpa che si attribuisce: essere entrato nel Pdl «lo considero il mio errore capitale». Lapidario infine sul tentativo di riesumare An: «Volerla resuscitare mi sembra più il tentativo da parte di un ceto politico di salvare se stesso dal rischio di non raggiungere il quattro per cento».
Fratelli d’Italia: al via le primarie. Se Fini si limita alle bacchettate (manca nell’intervista, tra le tante cose, una seria disanima della sua gestione del partito e dei perché di uno smembramento di una classe dirigente), c’è chi quel percorso che l’ex presidente della Camera reputa chiuso intende continuarlo. Fratelli d’Italia – che ha ricevuto dalla Fondazione Alleanza nazionale il mandato all’utilizzo del simbolo – proprio in questi giorni ha ufficializzato tempi e modi delle primarie. Sul sito del movimento è stato pubblicato il bando con le modalità per partecipare alle primarie per la presidenza del partito che si terranno il 22 e 23 febbraio. Anche il simbolo stesso (al centro di una contesa che sta continuando a far discutere con i dirimpettai del Movimento per Alleanza nazionale) sarà deciso dalla rete in una sorta di concorso pubblico. Un percorso politico rispetto al quale Giorgia Meloni ha invitato anche chi – come Francesco Storace che le aveva lanciato un appello pubblico – non ha condiviso né modi né la prospettiva: «Si candidi alle primarie con la sua proposta e con il simbolo – ha spiegato -. Le primarie servono proprio a questo: a mettere a confronto tesi sulle quali saranno gli italiani a decidere».
Storace: “Non ci siamo”. «“Partecipa alle primarie”. Se questo è il tono, non ci siamo proprio». Così Francesco Storace ha replicato alla risposta della Meloni. «Io le chiedo – ha spiegato riferendosi all’appello – di evitare prove di forza che non servono a nulla, ma di usare la testa utilizzando insieme il simbolo di Alleanza Nazionale che non vogliamo solo per noi, ma che può assolvere ad una funzione unificatrice per una comunità intera. Rispondono col ritornello delle “primarie”». Per il leader de La Destra – che polemizza anche sui tempi e sulle regole delle primarie: «E se, come ripeto da mesi, non mi va affatto di candidarmi ad un ruolo dirigente, a che cosa dovrei candidarmi? Tanto più per un partito di cui non conosco simbolo e nome?») – la proposta rimane quella di presentarsi sotto l’unico simbolo, quello di Alleanza nazionale. Punto sul quale Meloni, La Russa e il resto non sembrano voler cedere: di qui l’invito a misurare le due posizione alle primarie. Eventualità che Storace, come abbiamo visto, rigetta. Non solo. Davanti all’impasse – come si intuisce dai rumor – c’è chi sostiene che Storace alla fine potrebbe approdare tra le braccia di Silvio Berlusconi che, in questo modo, potrebbe creare un polo di attrazione dentro Forza Italia per l’elettorato tradizionale di destra. Eventualità, del resto, “minacciata” dallo stesso Storace in un’ottica di agibilità politica.