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Il caso. La protesta dei Forconi in Italia come il febbraio 1934 in Place de la Concorde?

by Mario Bozzi Sentieri
12 Dicembre 2013
in Politica
0

piazza castello2Il  mischiarsi, di questi giorni,  in piazza,  di uomini e di donne,  uniti dall’indignazione e dalla protesta, ha assonanze antiche. Porta alla memoria, pur nei mutati contesti, quello che avvenne, a Parigi,  nel febbraio 1934, allorché militanti dell’ estrema destra e dell’estrema sinistra si trovarono  uniti contro l’emblema della partitocrazia, il Palais-Bourbon (La Camera dei deputati), e contro il governo del radical-socialista Daladier.

A fare detonare la piazza “l’affaire Stawisky”, che aveva travolto decine di politici, di banchieri, di magistrati, di giornalisti, tutti a libro paga di   Sergio Alexandre Stawisky, finanziere di successo coinvolto in  una serie  di  traffici illeciti, trovato morto,  dopo  l’irruzione della polizia in una villa a Chamonix (autentico suicidio o tentativo di tappare la bocca ad un testimone scomodo ?).

Intorno al “caso Stawisky” monta la protesta, orchestrata dalla stampa di destra  che accusa il regime repubblicano di essere controllato dall’alta finanza. Il 27 gennaio 1934  Camille Chautemps si dimette. L’incarico di formare il nuovo governo viene affidato a Daladier, leader del partito radical-socialista, agli occhi dell’opinione pubblica simbolo della stessa crisi del  sistema parlamentare, ormai travolto dagli scandali.

E’ Daladier che, dopo avere allontanato il Prefetto di Polizia Jean Chiappe, inviso alla sinistra, e proprio mentre il parlamento vota contro la richiesta di nominare una commissione d’indagine sullo scandalo Stawisky, ordina di reprimere con la massima energia qualunque manifestazione che potrebbe “minacciare la democrazia”.

Ma la piazza dilaga fino a quel fatidico 6 febbraio 1934, “cantato” dagli scrittori del “romanticismo” francese come il giorno del grande abbraccio, al di là della destra e della sinistra: “…corri dai giovani comunisti, indica loro il nemico comune di tutti i giovani, il vecchio radicalismo corruttore” – fa dire Drieu La Rochelle a Gilles, protagonista del romanzo omonimo, pubblicato, nel 1939, da Gallimard e censurato dal governo della III Repubblica.

“Verso le sette – scrive un altro narratore della giornata, Robert Brasillach (in I prigionieri) – Gilbert si trovava in Via Reale, sempre solo, sempre errabondo e senza una meta. Non era successo nulla. Aveva sentito gridare, più volte, ‘Abbasso i ladri ! Abbasso i corrotti!’, poi un silenzio carico di scalpiccii e di mormorii, era tornato accanto a lui (…) L’Humanité (quotidiano comunista, ndr), persino lei, schierava le sue truppe accanto agli ex combattenti, cioè ai Volontari nazionali. Sembrava che al di sopra delle divisioni un vasto raggruppamento nazionale e sociale cominciasse a determinarsi e le anime semplici ne deducevano grandi speranze”.

Una marea di quarantamila manifestanti , tra ali di folla, marcia contro il simbolo del potere, cantando la Marsigliese e l’Internazionale, sventolando il tricolore e la bandiera rossa, urlando “Vive la France”, “Les Soviets partout”, “Via i ladri dal potere”…

Di fronte a quello schieramento compatto, che si scaglia contro il Palais-Bourbon, la polizia inizia ad aprire il fuoco. Dalle 18 fino a tarda sera, Place de la Concorde, il cuore di Parigi, si trasforma in un campo di battaglia. Primo a cadere è un giovane di Jeunesses Patriotes. Volano i pezzi del pavè parigino ed anche dagli assalitori partono alcuni colpi di arma da fuoco. Le forze dell’ordine sbarrano il ponte de La Concorde, a poche centinaia di metri dal parlamento, con camion ed idranti dei pompieri. E’ l’estrema ridotta contro cui si lanciano le ondate dei manifestanti. Mentre l’atrio della Camera dei deputati diventa un’infermeria improvvisata per i poliziotti feriti, in aula i deputati della destra si scagliano contro il governo al grido di “Assassini !”.

Intorno alle 23 la barriera, posta a difesa del Palazzo, sembra cedere. Di fronte all’urto concentrato di diecimila assalitori, gli idranti non bastano più. A questo punto la polizia spara ancora, ad altezza d’uomo.

La massa dei manifestanti si sbanda e si divide. Una parte verso il Ministero della Marina, altri, a piccoli gruppi, nei boschetti del Corso della Regina e fino alla rotonda dei Campi Elisi. Si organizza la caccia all’uomo e si contano le vittime: 16 morti e 655 feriti tra gli assalitori, un morto e 1664 feriti tra le forze dell’ordine, che hanno sparato 527 colpi.

Per un attimo, la miscela esplosiva, “entre le rouge et le noir”, ha fatto vacillare il Palazzo e ha azzerato le vecchie divisioni politiche, trasformando il 6 febbraio in un data simbolo. Poi a prevalere saranno nuovamente le logiche di partito e di schieramento: l’antifascismo da una parte, l’anticomunismo dall’altra. Ma il guizzo di quella piazza continuerà a pesare, segno – come scriverà  Drieu La Rochelle  (in Socialismo fascista) dell’indebolimento di tutte le vecchie formazioni politiche e della necessità di ipotizzare nuove sintesi.

In contesti diversi ed in tempi diversi le piazze italiane di questi giorni hanno in sé queste assonanze: voglia di superare le vecchie divisioni e domande radicali di cambiamento, oltre i vecchi apparati, oltre i vecchi schieramenti. L’augurio è  che qualcuno sappia “ascoltare” la piazza prima   che la miscela delle protesta non esploda anche qui. Con conseguenze facilmente immaginabili.

@barbadilloit

Mario Bozzi Sentieri

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