Tra le pagine più interessanti di Spengler, vi sono proprio quelle dedicate alla Russia, in virtù della sue previsioni, inaspettatamente (all’epoca) confermate dai fatti attuali. Egli ne parla diffusamente in “Prussianesimo e socialismo” (cap. 23), ne “Il tramonto dell’Occidente” (II.iii.2 e 16) e nel saggio “Il doppio volto della Russia e i problemi della Germania a Est” (in “Forme della Politica Mondiale”, Ar, 1994). Su Spengler in Russia è pesata l’opinione negativa di Lenin che l’ha cancellato dalla riflessione filosofica sovietica, ma già allora vi furono i primi attenti interpreti: dal sociologo Georges Gurvitch al mistico Nikolai Berdiaev, per non parlare delle opere dei filosofi ottocenteschi Nikolai Danilevsky e Konstantin Leontiev che ne anticipavano il modello ciclico di storia. Negli ultimi vent’anni la riflessione su Spengler è ripresa, anche grazie all’interesse riscosso presso i movimenti eurasiatico e nazionalbolscevico.
La Russia è considerata come una civiltà ancora in gestazione (“La natura dei russi è la promessa di una Kultur a venire, mentre le ombre della sera si fanno sempre più lunghe sull’Occidente”), radicalmente diversa dall’Occidente, ed erede piuttosto, attraverso Bisanzio, della civiltà araba ‘magica’, per il suo innato misticismo che unisce a un certo senso dell’infinito, analogo a quello faustiano con un sentimento più tellurico: un’anima da “uomo delle pianure” insomma, un’anima che un occidentale non può capire. Sempre per analogia, Spengler fa il paragone tra il rapporto fra Zivilisation classica e Kultur araba, e il rapporto tra Zivilisation occidentale e Kultur russa. In entrambi i casi, si verifica una “pseudomorfosi”: la Zivilisation decadente impone le proprie forme avanzate e senescenti alla giovane Kultur in fieri, soffocandone in parte lo sviluppo e imprimendole un aspetto non suo. Era stato il caso dell’Impero Romano d’Oriente apparentemente erede di Roma e della Grecia classica, ma in realtà strettamente affine ad arabi, ebrei, siriani, armeni, nestoriani, ecc.
Così è anche il caso della Russia odierna (intendendo con questa formula l’intero Impero Zarista, estendendosi fino ai Balcani e alla Turchia, con Bisanzio come nuova Gerusalemme), che ha subito due tentativi di occidentalizzazione, dapprima con Pietro il Grande (petrinismo) e poi con Lenin (bolscevismo). Questi tentativi però toccano solo la superficie dell’anima russa, e, anzi, aumentano l’odio dei Russi nei confronti dell’Occidente, un odio simile a quello degli zeloti per Roma. Il suo destino sarebbe quello di collidere con l’Occidente, come era già successo con le guerre tra la Russia e la Francia (Guerre Napoleoniche), l’Austria-Ungheria (Prima Guerra Mondiale), e avverrà contro la Germania (Seconda Guerra Mondiale).
Lo stesso bolscevismo avrebbe il ruolo di spazzare via il petrinismo e poi consumarsi da solo per lasciare spazio alla genuina anima russa. “Premuto dagli istinti della Russia sotterranea contro l’Occidente, il bolscevismo, che aveva assunto inizialmente i tratti del petrinismo, verrà a sua volta cancellato come ultimo prodotto di questo stesso petrinismo, per completare la liberazione interna dall’«Europa»”. Si annuncia così la nascita della Kultur russa, contraddistinta da un terzo cristianesimo (dopo il cristianesimo magico delle origini e il cattolicesimo-protestantesimo faustiano), da un dominio spirituale delle campagne sulla città e da un grande afflato religioso; di tutto questo, categorie occidentali come il panslavismo sono solo la punta di un iceberg.
Questo fu scritto 80 anni prima del crollo dell’Unione Sovietica (e del bolscevismo). Adesso le previsioni di Spengler si sono avverate: la Russia riemerge dal caos della caduta dell’URSS, con una sua nuova forza e un più forte carattere nazionale, autenticamente slavo, riscoprendo la fede ortodossa, riaffermandosi come potenza e muovendo i primi passi verso un impero eurasiatico, guarda a caso proprio nei Balcani (verso la Serbia e il Kosovo) e nel Caucaso (verso l’Abcasia e l’Ossezia), scontrandosi con la potenza occidentale egemone (gli Stati Uniti). Per questo motivo, non siano frettolosi gli esegeti di Spengler nel riconoscere Putin come uno dei Cesari dell’Occidente al tramonto: potrebbe essere un Barbarossa o un Giustiniano della nuova Russia che avanza.