(Barbadillo.it torna ad occuparsi del travaglio dell’area politica postmissina riportando l’intervento di Nino Marmo, consigliere regionale della Puglia per Forza Italia: nell’articolo sol spiegate dettagliatamente le ragioni della sua attuale collocazione partitica).
Ancora una volta dobbiamo costatare che, tra un dibattito e l’altro, tra un incontro di vecchie glorie e di pensionati non rassegnati, tra officine e laboratori che finivano con il consueto “vengo anch’io, non tu no” oppure, “se c’è lui non vengo io”, è ancora Berlusconi a sovrastare tutti per tre motivi: la decadenza da senatore, il cambio di denominazione da Pdl a FI e la scissione del cosiddetto Nuovo Centroebasta.
Tutto ciò ha fatto venir meno il pur minimo e necessario dibattito sul cambio di denominazione da Pdl a Fi. Operazione inutile dal punto di vista formale e della sostanza perché SWG rileva che dalle elezioni del 25 febbraio, dove il Pdl era al 21,6%, al 28 novembre, FI è al 21,6 nelle intenzioni di voto. In pratica non è cambiato nulla: Forza Italia sostituisce perfettamente il Pdl. Perché allora Berlusconi cambia nome al Pdl? Per due motivi: compiere un’operazione di diversificazione dell’offerta politica e togliersi l’ingessatura delle strutture di partito e tornare unico e indiscusso capo del Movimento.
Ricordiamo tutti che sin dall’ottobre 2012, ma in verità anche qualche tempo prima, Berlusconi parla di “spacchettamento” ed egli stesso è tentato a una lista personale (cfr. Paola De Caro, 3/10/12 Corriere della Sera). Pensa allo spacchettamento perché, sostiene il Presidente, il Pdl è “riuscito” male e teme di non poter più controllare fuoriuscite a ripetizione. Preferisce guidarle e controllarle.
Gli ultimi mesi del 2012 furono particolarmente tribolati. Si passò dalla grande manifestazione nazionale svolta a Milano dagli ex AN, presente e sbalordito lo stesso Alfano, per le primarie a sostegno del segretario, con la costituzione dei circoli del ”Centrodestra Nazionale”, cui seguì la retromarcia di Alfano, perché alcuni candidati concorrenti erano da lui definiti impresentabili. Così il Corriere della Sera: “Sotto le volte di acciaio e vetro si radunano gli ex An con Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri. Una prova di forza, tremila persone arrivate da tutta Italia, per chiedere di contare e di poter decidere. Il logo dei «circoli del centrodestra nazionale» richiama «volutamente» il vecchio simbolo di Alleanza nazionale. «Ne sono nati già cento», gonfia il petto La Russa che dal palco chiede ad Alfano di poter votare non solo il leader ma anche il nome del partito che verrà, la creazione di un comitato etico per le candidature e l’addio definitivo alla stagione dei tecnici. Alle primarie appoggeranno con convinzione il segretario, gli ex An.”.
Già un anno addietro quindi, da una parte c’erano già tutte le insofferenze esplose oggi e, dall’altra gli ex AN che sembravano ipotecare la vittoria di Alfano e una maggiore presenza nel partito.
Tutto ciò Berlusconi non poteva permetterlo e furono bloccate le primarie anche perché, dalle nostre parti essendo il senso della misura una rarità, si presentò una caterva di candidati. Anche in quel momento Berlusconi sembrava alla fine dei suoi giorni politici (così come oggi) e gli avvoltoi anche in quel momento tentarono il colpaccio.
Passando da Milano a Roma a metà dicembre, si svolsero due manifestazioni quasi in contemporanea. La Russa e Meloni spaccano la destra nel Pdl e nacque la “Fratelli d’Italia”, mentre un altro gruppo –quello che oggi è nel Nuovo Centroebasta, compresi Mauro, Alemanno, Lupi, Sacconi, Formigoni e Mantovano- punta su “Italia Popolare” facendo l’occhiolino a Monti e tentati di abbandonare Silvio. Poi Silvio ridiscende in campo e tutto si ferma. Sono fatti e vicende vissute con ansia in presa diretta, a Milano e a Roma, in giorni tumultuosi.
Allora, ci si domanda, di chi e che cosa dovremmo vergognarci di più? Di aver avuto questi amici e camerati (?!) o di essere rimasti fermi allora e oggi? A parte il fatto che il nome non è per niente male. Ci fa velo probabilmente il fatto che lo abbia inventato un altro prima di noi.
Perché mai, non avendo partecipato a una scissione a destra, si dovrebbe oggi partecipare a una scissione al centro per essere la foglia di fico, come qualcuno ha deciso di essere? Senza contare che il Nuovo Centroebasta, di fatto, non sta svolgendo la funzione di allargarsi al centro attingendo ad altri parlamentari, consiglieri regionali e comunali, ma solo a quelli dell’ex Pdl, per essere poi la stampella a un governo di sinistra che, come Monti, sta facendo male all’Italia. A tal proposito basterebbe leggere il fondo di Roberto Napolitano sul Sole 24 ore di qualche giorno addietro: “Presidente Letta, smonti la legge di stabilità e la modifichi e semplifichi!”. Manco per il cavolo, si continua con quelle vecchie finanziarie democristiane con centinaia di pagine e migliaia di micro provvedimenti che non semplificano nulla, ma complicano la vita degli Italiani, uccidendo l’economia!
Saremmo dovuti andare con costoro? Oppure avremmo dovuto infilarci, non richiesti, con i tre Fratelli d’Italia? E sottostare, quindi, non più a un padrone solo ma a tre? Basta vedere lo statuto di quel partito.
E ancora, dovremmo essere spinti, per romantica nostalgia, a inseguire la chimera di una Nuova Alleanza Nazionale? Tutti nuovi! Con personaggi vecchi e vecchissimi, triti e stantii (usato non garantito), che prima hanno distrutto quel partito, abbandonandolo per incontinenza e desiderio di primeggiare, e oggi lo oltraggiano utilizzandone il simbolo senza autorizzazione e fuori dalla legalità. Dimenticando che Alleanza Nazionale esiste ancora ed è di proprietà della Fondazione Alleanza Nazionale, così come deliberato dal congresso di scioglimento. Oggi si prepara l’assalto alla Fondazione.
Siamo rimasti per prima cosa con noi stessi, e poi con Berlusconi, nonostante i suoi gravi errori politici, pur non avendo ottenuto candidature ma, al contrario, essendone stati epurati, avendo preferito al sottoscritto, a Ruocco, a Saccomanno, a Lisi perfino Cassano che, per ringraziamento, ha dato il ben servito.
Siamo qui perché non è possibile andare con chi ha distrutto sì la nostra casa ma, per fortuna, non la nostra visione del mondo, che resta la stessa sotto ogni sigla, e che si sono dimostrati omuncoli non avendo compreso che lo “stare uniti” in un grande contenitore, come avrebbe voluto Pinuccio Tatarella, è già un valore in sé.
Siamo qui perché crediamo ancora nella nostra Nazione, nell’Italia, e ci crediamo non perché liberali, qualificazione spesso abusata, ma perché, parafrasando il Croce del “non possiamo non dirci cristiani” in egual modo non possiamo non dirci liberali, solo come precondizione dell’uomo libero; perché da decenni siamo andati oltre, verso nuove sintesi, avvicinandoci, forse inconsapevoli, al cattolicesimo sociale. Perché crediamo nell’economia mista, e non nello strapotere del mercato e della finanza, e nello Stato che non può lasciare tutto al privato, ma deve essere presente nei settori strategici d’interesse nazionale. Siamo qui da “sociali e partecipativi” che vogliono la partecipazione alla gestione e agli utili nelle aziende, così come accade nella grande industria tedesca, anche per questo uscita dalla crisi. Perché crediamo nella Politica come missione eroica e non come luogo del malaffare e della corruzione.
Restiamo qui perché non lasceremmo mai un amico, nonostante i suoi conclamati errori, nel momento più triste della sua vita, sotto la furia iconoclasta di chi vuole eliminarlo politicamente. A chi ha festeggiato per la decadenza di Silvio Berlusconi, abbiamo augurato notti da incubo con Silvio in sogno. Oggi possiamo contestare al Presidente un errore, forse voluto, pronunciato nel Consiglio Nazionale del 16 novembre. “Cambiamo il nome al Pdl –egli ha detto- perché non è attraente, non è entrato nella simpatia collettiva, perché nel frattempo sono andati via alcuni fondatori, la signora Craxi con i Socialisti, i Verdi-Verdi e qualche altro gruppo, poi (dulcis in fundo) sono andati via con Fini quelli di An”.
Ci permettiamo correggere il Presidente, (tra colleghi sarà consentito) ma quelli di AN sono ancora qui e, alla conta sono stati quasi il 30%. Siamo qui per un patto di onore e lealtà, e al Presidente diciamo “Hic manebimus optime”. E se qui fossimo rimasti tutti insieme oggi, con l’operazione centrista di NCB a destra non sarebbe rimasta, così com’è, che solo FI.
Ai tanti amici, che chiedono il perché di una scelta, sommessamente diciamo: “Dà tempo all’ira. Spesso l’indugio non toglie la forza: ma alle forze aggiunge il ragionevole consiglio”. Unita, una Comunità può contare. Divisa e frantumata conterà di più il proprio egoismo.
* Nino Marmo, dirigente del Msi e di An, consigliere regionale eletto in Puglia nelle file del Pdl. Ora ha aderito a Forza Italia.
@barbadilloit