Nel celebre The Wonderful Wizard of Oz, Baum immagina una città color smeraldo. A distanza di più d’un secolo da quella meravigliosa invenzione letteraria arriva Domenico Romeo. Nato in provincia di Reggio Calabria nel 1988, si trasferisce a Roma per intraprendere studi giuridici mai portati a compimento: sono le arti visive la sua vera passione. Così il giovane artista contemporaneo si sveglia al mattino in ritardo «rispetto alla tabella di marcia» non tanto perché la sera prima è uscito con gli amici, ma soprattutto perché non ha perso la capacità di sognare cose e frammenti di cose, spunti preziosi attraverso cui concepire lo spazio urbano in maniera differente.
«Da qualche mese ho iniziato a raccogliere il materiale che lo “spirito” dei sogni lascia tra le pieghe della memoria» – dice di sé. «Al risveglio riordino i ricordi, appuntando le fasi salienti di storie apparentemente prive di senso. Ricalco i tratti dei volti di persone mai viste, ridisegno la silhouette di animali fantastici. Smonto e rimonto i pezzi sperando in un filo conduttore, in una traccia di razionalità. Divido parole, accatasto lettere che fluttuando perdono pezzi e ne acquistano di nuovi. Si trasformano generando nuove lettere, nuove parole di nuovi linguaggi. Così si fondono insieme immagini e frasi misteriosamente, come altrettanto misteriosamente si accende la scintilla che dà vita al sogno». La sua giornata tipo è più o meno la seguente: la monotonia di un suono assordante che ogni mattina interviene a imporre la corsa, uno o più caffè senza zucchero, tante boccate di aria metropolitana e i suoi incomprensibili alfabeti. E poi l’arte. I caratteri arricciolati e sinuosi con cui Domenico ama farsi riconoscere in giro per le città appaiono dove meno te l’aspetti, magari proprio a pochi passi da casa tua, davanti alle imposte chiuse per il temporale o dietro l’angolo che ti ritrovi a svoltare.
Domenico ha una personalità eclettica ed uno stile tutto suo, questo si percepisce immediatamente, questo ci incuriosisce al primo sguardo. Iniziamo la conversazione con un approccio soft, domandandogli come e se è possibile classificare il suo talento. «Ho lavorato anche in strada ma non so se Street Art sia la giusta definizione»- risponde con semplicità. «Il mio lavoro parte della carta, solo successivamente si trasferisce su muri pubblici. Diciamo che la Street Art per me è una fase di sperimentazione come può esserlo la scelta di un determinato stile o materiale. É sempre tutto in continuo mutamento». Certo è che a prescindere dagli schemi, la sua attività richiede capacità comunicative da gigante, le uniche in grado di catturare l’attenzione dei passanti e “rubarli” anche solo per un attimo alla loro operosa distrazione.
Un lavoro difficile, che implica lunga preparazione e nessuna casualità. «Seleziono diversi soggetti, faccio qualche schizzo per focalizzare il lavoro finito e poi procedo alla realizzazione», senza mai prescindere della valutazione del luogo prescelto. «Cerco di studiare la geografia, la storia e gli usi e costumi della popolazione. Voglio che il risultato finale parli di me, come tutto ciò che faccio, ma al tempo stesso deve rispecchiare chi lo guarda quotidianamente». E se vi capiterà di trovarvi di fronte ad una delle sue creazioni godetene senza velleità, perché il livello più profondo di comprensione «spetta solo a me, ed è il motivo per cui lo faccio. Scrivo appunti con la speranza di rileggerli più in là» – confessa Domenico.
In tema di suggestioni ed esempi, ad emergere è la grande ammirazione per il sudamericano Retna rispetto al quale la sua formazione sembra essere sviluppata al negativo, «Retna è un maestro di sintesi, io invece tendo sempre a complicare». Così come la stessa rivelazione che fu per Matisse “venue de l’Orient” l’ha appassionato ai grandi calligrafi del mondo arabo, come Nja Mahdaoui e Mohammad Ehsaei. L’ultima curiosità è forse un po’ sciocca, ma la dobbiamo soddisfare: Tra tutti i tuoi lavori, a quale opera ti senti più legato?. «Tendo sempre a disprezzare ciò che faccio appena finisco. Quindi dico che l’opera che preferisco è quella che farò domani».
Per le foto si ringraziano Lorenzo Gallitto “the blindeye factory”, Arianna Barone, Danilo Muratore e Giulia Venanzi